Quando lo sfruttamento diventa “lavoro”: il caso Belgio
Traduzione del post di Coalition Against Trafficking in Women
di Giulia P.
Le donne più emarginate nella nostra società sono quelle che sono state o sono nella prostituzione.
— Andrea Dworkin
La raccomandazione generale delle Nazioni Unite, basata sul Protocollo per Prevenire, Reprimere e Punire la Tratta di Persone — in particolare donne e bambini — integra la Convenzione contro la Criminalità Organizzata Transnazionale e rafforza il nesso inscindibile tra tratta e sfruttamento sessuale. Invita gli stati ad adottare tutte le misure necessarie per reprimere ogni forma di tratta e di sfruttamento della prostituzione femminile. È proprio alla luce di questi impegni internazionali che la nuova legge belga, la quale riconosce i magnaccia come “datori di lavoro”, solleva gravi preoccupazioni nella società civile. (Report Reem Alsalem)
In Belgio sia la vendita che l’acquisto di atti sessuali sono legali. Si stima che nel Paese vi siano tra le 15.000 e le 26.000 persone coinvolte nella prostituzione, e le donne rappresentano il 90% di queste.
Nel giugno 2022 il Belgio ha depenalizzato il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione altrui. Da allora è considerato legittimo trarre profitto dalla prostituzione di altre persone, a condizione che il guadagno non sia giudicato “anormale”. Di fatto, il Belgio riconosce i magnaccia come “datori di lavoro”.
Nel 2024 è stata approvata una legge che consente alle donne prostituite di firmare contratti di lavoro legali con magnaccia e bordelli, ora classificati come datori di lavoro autorizzati. Questa riforma equivale, in sostanza, alla legalizzazione o regolamentazione del favoreggiamento. I sostenitori sostengono che ciò garantisca nuovi diritti lavorativi, prima inaccessibili, e la possibilità di rifiutare atti sessuali indesiderati. Tuttavia, questa visione non corrisponde alla realtà.
Prima della legge del 2024, le donne prostituite potevano avere lo status di lavoratrici autonome e beneficiare di diritti sociali come congedo di maternità, malattia e assegni familiari. Pertanto, l’idea che la legge abbia introdotto per la prima volta tali protezioni è errata. Inoltre, la possibilità di rifiutare un atto sessuale è oggi messa in discussione, a causa degli squilibri di potere tra il pappone/“datore di lavoro” e il/la “dipendente”.
Poiché il pappone è responsabile del pagamento dei contributi previdenziali, ciò implica che le donne prostituite diventino “redditizie” solo dopo aver eseguito un numero significativo di atti sessuali. Questo può portare, e spesso porta, a sentirsi costrette a non rifiutare prestazioni sessuali per timore di compromettere il proprio sostentamento e la propria sicurezza.
Dall’entrata in vigore della legge del 2024 sono state presentate solo tre domande di contratti di lavoro al Ministero del Lavoro. I tribunali, incaricati di esaminarle, devono verificare curriculum e precedenti penali dei richiedenti. Entro maggio 2025, tutte le prime domande di riconoscimento come pappone/“datore di lavoro” erano state respinte. Tuttavia, nel luglio 2025 il Belgio ha riconosciuto il suo primo pappone come datore di lavoro, in un club di Gembloux, nella provincia di Namur.
Nel dicembre 2024, nove movimenti dal basso belghi, incluso il gruppo Isala, hanno chiesto l’abrogazione della legge del 2024, sostenendo che legittima la prostituzione e che “darebbe ai proprietari di bordelli il potere di costringere le donne in situazioni pericolose”. La legge è stata portata davanti alla Corte Costituzionale, con una decisione attesa per la metà del 2026.
Le organizzazioni della società civile mettono in guarda anche per quanto riguarda gli “aspetti invisibili” della prostituzione: la maggior parte delle donne vi entra sotto minaccia finanziaria, a causa di dipendenze o tramite tratta di esseri umani. Molte donne migranti sono vittime di ricatti e inviate in Belgio senza permesso di soggiorno per lavorare clandestinamente.
«In Belgio, questo tipo di contratto permetterà ai papponi di diventare “imprenditori” e quindi di non dover più rispondere alle leggi che vietano lo sfruttamento della prostituzione, senza offrire alle donne sfruttate alcun diritto aggiuntivo; anzi, avranno meno protezione.
Con questi cambiamenti, il Belgio non è un pioniere nella protezione delle donne prostituite, ma un Paese che le rende prede, riducendo le loro possibilità di uscire dalla prostituzione.»
— Pascale R., attivista e sopravvissuta alla prostituzione, gruppo Isala
«Che sia ottenuto con coercizione fisica o socio-economica, l’atto sessuale nella prostituzione è sempre forzato… Questa legge è un tradimento verso tutte le donne precarie, migranti e rifugiate, che saranno ancora più vulnerabili alla rete dei prosseneti come conseguenza dell’abbandono da parte del governo belga.»
— CAP International
Mentre il Belgio ora riconosce la prostituzione come un impiego formale, organismi internazionali sollecitano azioni contro sistemi alimentati da violenza e tratta. Paesi come Francia e Svezia adottano il Modello egualitario/nordico, che offre sostegno all’uscita (alloggi, assistenza legale) e penalizza gli sfruttatori. Il Belgio dovrebbe seguire questo esempio.
Fonti
Coalition Against Trafficking in Women. (2022, 31 marzo).
Belgium Joins Germany in Creating Legal Haven for Sex Trade.
👉 https://catwinternational.org/press/belgium-joins-germany-in-creating-legal-haven-for-sex-trade/
ICLG. (2025, 11 luglio).
Belgium Recognises First Legal Sex Work Employer Under New Labour Law Framework.
👉 https://iclg.com/news/22825-belgium-recognises-first-legal-sex-work-employer-under-new-labour-law-framework
Isala Association. (2025).
8 Myths About Belgium’s “Sex Work Employment” Law.
👉 https://www.isalasbl.be/wp-content/uploads/2025/03/2025_Isala8Mythes_LeafletA4_ENG.pdf
Radio France Internationale. (2025, 30 aprile).
Belgium’s Green Light for Red Light Workers.
👉 https://www.rfi.fr/en/international-news/20250430-belgium-s-green-light-for-red-light-workers