Un silenzio che uccide
Immagine di Ilaria Urbinati “contro la violenza sulle donne”https://www.picamemag.com/ilaria-urbinati/
di Ilaria B.
I tre femminicidi di Roma, tutti di donne migranti, sono un crimine tremendo, femminicidi che devono far rompere il silenzio sulla natura della prostituzione – l’unica violenza che non si nomina perché non la si vuole vedere per quello che è: l’istituzione in cui, attraverso la violenza sessuale, la prerogativa maschile di dominio sulla donna si produce e si riproduce da secoli.
Perché il 25 novembre non sia un rito vuoto e inutile è necessario squarciare il velo ipocrita sull’oppressione ritualizzata su cui ogni altra violenza si regge e rafforza.
Da dove altro pensiamo che venga e si alimenti l’odio verso le donne che ogni violento manifesta nelle sue relazioni intime?
Quale forma di controllo sulle donne è più completa della prostituzione dove si paga proprio perché la donna sia umiliata e perda ogni libertà?
Gli uomini che pagano per l’accesso sessuale rendono invisibile il loro abuso con il denaro. Con che coraggio si dice di combattere contro la cultura patriarcale cacciando dalle piazze le donne che espongono la violenza della prostituzione che di quella cultura è l’essenza oltre che la pratica?
Ogni uomo che compra l’accesso sessuale al corpo di una donna paga per comprare l’affermazione del proprio (pseudo) diritto sessuale su tutte le donne in quanto uomo. Si definisce e si conferma uomo attraverso la scelta precisa di comprare non una prestazione, ma la sua libertà di fare ciò che vuole attraverso l’uso sessuale di un altro essere umano, di una donna. Nella prostituzione non c’è solo la violenza delle minacce, degli insulti, della coercizione e di atti non concordati, delle violenze fisiche anche con armi, talvolta fino alla morte. Il cuore della sua violenza è il “consenso” pagato di donne che arrivano alla prostituzione quasi esclusivamente da condizioni di disuguaglianza, quali la povertà, la disoccupazione, oltre agli abusi e al disagio sociale. Un abuso mascherato da contratto tra persone non pari, in cui si compra il silenzio di una donna sulla violenza sessuale che subisce. Nella giornata dedicata alla lotta contro ogni violenza sulle donne, da troppi anni non si è libere di parlarne nelle piazze e per questo non si nomina neanche la tratta. Dopo quei femminicidi dovremo ancora vedere, il 25 novembre, cartelli che reclamano come lavoro il subire violenza e che non attribuiscono la colpa agli uomini che uccidono ma a chi mette a nudo la loro violenza?
Queste le parole di Liliam, nostra compagna e sopravvissuta alla prostituzione:
«Altri pezzi, articoli di giornale su di noi. Anche a te che leggi questo pezzo su di noi, voglio dire che a noi donne, sopravvissute alla prostituzione, hanno strappato i sogni e il diritto alla dignità. Lottare per la liberazione dalla prostituzione è uguale a lottare per liberazione dalla violenza di molteplici stupri.
La prostituzione non è un lavoro e non è “qualcosa che può capitare, un incidente” come dicono alcune persone. Un incidente sul lavoro accade raramente, (anche se sempre troppo spesso), ma la violenza, lo stupro, persino l’omicidio è una costante presente e strutturale nella prostituzione. Noi prostituite siamo viste come spazzatura che si butta, oggetti usa e getta perché possono facilmente passare ad un’altra. E questo è permesso grazie a te che sei d’accordo con la regolamentazione della prostituzione. Ed è triste che queste donne vittime siano zittite.
Al massimo verranno ricordate con solo due righe di alcuni articoli di giornale, ma poi finiranno nel dimenticatoio. Ma è così che avviene quando butti la spazzatura.
Noi sopravvissute, quando veniamo a conoscenza di queste notizie… di donne uccise nella prostituzione, anche se non le conoscevamo, sappiamo qual è stato il loro percorso e ci fa male. Il nostro dolore è causato dalla vergogna del fatto che ancora oggi siamo considerate solo spazzatura, quando invece siamo Donne, sognatrici della libertà e dignità, che cercano amore non nel letto ma nella vita.»