Lettera al Manifesto in merito all’articolo sul “lavoro sessuale”
La lettera che abbiamo inviato al Manifesto insieme a donne e associazioni che da anni sono impegnate nella lotta contro lo sfruttamento sessuale è stata apprezzata e condivisa sui social da molte persone. Molte donne ci hanno detto che avrebbero voluto firmare la lettera, alcune richieste ci sono arrivate quando la lettera era già stata spedita, altre dopo la sua pubblicazione.
Siamo felici che in tante si siano riconosciute nelle nostre parole e invitiamo quindi a sottoscrivere la lettera tutte coloro che vogliono dare inizio a un dibattito pubblico serio e approfondito sulla prostituzione. Come molte hanno notato, è in atto una campagna mistificatoria che approfitta della crisi legata al Covid 19 e al conseguente impoverimento delle donne per rilanciare il tentativo di regolamentare lo sfruttamento della prostituzione, a vantaggio del mercato del sesso, la più grande e violenta barbarie dei nostri tempi. A questo tentativo occorre opporre una risposta ferma.
Vogliamo aprire questa raccolta di firme con quella di Differenza Donna, un’associazione con la quale collaboriamo da anni e che ringraziamo come sempre per essere con noi in questa battaglia, e con i nomi delle donne che già ci hanno scritto, Paola Tavella, Anna Potito, Manuela Ulivi, Loredana Rotondo, Giulia Cavicchia, Milva Branchetti, Vittoria Tamborini.
In fondo all’articolo trovate tutte le firme a sostegno della lettera.
Potete aderire inviando una mail a resistenzafemminista@gmail.com
scriviamo in merito all’articolo L’emergenza umanitaria del lavoro sessuale, in cui appaiono affermazioni che ci si aspetterebbe da chi rappresenta il peggior capitalismo neoliberista disumanizzante, ma che, lette su un giornale come questo, impongono una serie di domande urgenti e altrettante risposte.Rivendicare come lavoro la prostituzione, come soluzione a ingiustizia, disoccupazione, disperazione, discriminazione ed emarginazione causate da immigrazione, irregolarità, povertà e diversità, quando si tratta della vendita di accesso al proprio corpo a chi ha i mezzi per acquistarlo e trae piacere dal potere, dall’umiliazione e dal controllo su di esso, è una affermazione molto grave.
Cancellare la caratterizzazione di genere della prostituzione, e parlare di lavoratori e lavoratrici quando è noto che le strade e le case della prostituzione sono nella stragrande maggioranza piene di donne e ragazze, anche minorenni, significa scrivere su cose che non si conoscono.
Citare dati sul mercato parlando di un indotto di 3,9 miliardi a proposito dell’acquisto di accesso e uso sessuale di corpi, come se si trattasse di una merce qualunque, e parlare di libera scelta cancellando dal quadro manipolazione, rischio, traumi e la sostanziale mancanza di una reale libera scelta è inaccettabile, in quanto si trascura completamente la tratta, che costituisce una delle modalità di accesso alla prostituzione insieme a povertà e violenza.
Inoltre, si cancellano i racconti delle sopravvissute, comprese quelle fuoriuscite dai bordelli legali in paesi che hanno regolamentato o decriminalizzato lo sfruttamento della prostituzione e che raccontano ben altra realtà da quella che voi date addirittura per scontata. E’ un discorso da cui vengono cancellati completamente i veri responsabili di questo mercato, ovvero gli uomini che pagano, svilendo anche la legge Merlin, ridotta a una sorta di provvedimento incompleto su ciò che quella legge mai riconosce, giustamente, come lavoro.
L’idea di società e di lavoro che sembrerebbe sostenere il vostro giornale sarebbe quindi la normalizzazione e la regolamentazione di una delle forme estreme e più barbare di disuguaglianza, violenza e sfruttamento? Ci preme chiarire che la normalizzazione del sistema della prostituzione si situa all’incrocio tra gli interessi di dominio sulle donne del patriarcato contemporaneo e quelli del capitalismo globale, e porta guadagni enormi all’industria del sesso e a chi ne detiene le fila, per la maggioranza uomini. Allo stesso tempo offre agli uomini disponibilità di corpi da usare a proprio piacimento, in un ciclo che va a sostenere e alimentare la cultura del razzismo, del sessismo, della violenza maschile contro le donne e dell’ingiustizia sociale.
Chiamando lavoro la prostituzione, in altre parole, si diffonde una narrazione tossica che alimenta il sistema d’ingiustizie che si dichiara di voler combattere: un fallimento politico e umanitario. Approfittare della crisi legata al COVID 19 per definire ancora una volta come lavoro il subire violenza sessuale facendo passare le donne per consenzienti e senza avere un quadro realistico della situazione non è, secondo noi, la strada per affermare il diritto a mezzi dignitosi di vita.
Quello che occorre invece è ciò che non viene mai nominato: l’apertura di vere e reali alternative per tutte le persone coinvolte nella prostituzione volte però a uscire da questo mercato, a maggior ragione in un momento di ulteriore impoverimento e difficoltà come quello presente. Il movimento internazionale delle sopravvissute da anni denuncia la brutalità dell’industria del sesso e della prostituzione nonché la violenza della retorica neoliberista sulla “scelta” di prostituirsi, non a caso utilizzata anche da tenutari e papponi.
Quando si proviene da una storia di abusi sessuali, spesso dall’infanzia, o da estrema povertà, non si può parlare di libera scelta e ciò è detto da sopravvissute che rivendicano vie di uscita e la persecuzione per legge della violenza perpetrata dai cosiddetti clienti. Gravissimo che un giornale come il vostro cancelli queste voci dal mondo delle oppresse come se non esistessero, ma c’è ancora tempo per dare loro spazio, come ci auguriamo che accada presto.
A questo proposito suggeriamo “Stupro a pagamento” di Rachel Moran (Round Robin), “Il mito Pretty Woman” di Julie Bindel (VandA), AAVV “Né sesso né lavoro” (VandA).
Resistenza Femminista – UDI Napoli – Associazione Salute Donna – Iniziativa Femminista – DonneinQuota – ArciLesbica – VandA edizioni – Associazione ArciLesbica Modena – DonnexDiritti – Associazione Iroko Onlus – Ilaria Baldini – Stefania Cantatore – Chiara Carpita – Elvira Reale Angela Di Luciano – Cristina Gramolini – Laura Cima – Donatella Martini – Monica Lanfranco – Eliana Rasera – Grazia Villa – Daniela Danna – Isabella Mele – Paola Cavallari – Valentina Benedetti – Luisa Betti Dakli – Maria Castiglioni – Wilma Plevano – Laura Minguzzi – Elena Urru – Daniela Dioguardi – Donatella Franchi- Roberta Trucco – Antonietta Lelario – Adele Longo – Caterina Ricci – Maria Dolores Cassano – Sandra Bonfiglioli – Rita Paltrinieri – Vittoria Tola – Vittoria Camboni – Caterina Gatti – Laura Tagliabue – Esohe Aghatise
Firme arrivate successivamente alla pubblicazione su il Manifesto:
Differenza Donna
Femministorie di Catania
A.Li.D.A
Gruppo femminista Cantiere Pistoia
Uomini Contro la Prostituzione
Onda femminista radicale
Base Costituzionale
Paola Tavella
Anna Potito
Manuela Ulivi
Loredana Rotondo
Giulia Cavicchia
Milva Branchetti
Vittoria Tamborini
Laura Giusti
Malvina Monti
Caterina Mion
Frida Alberti
Alberta Ferrari
Betty Collura
Casimira Furlani
Maria Chiaramonte
Giusi La Marca
Massimo Lizzi
Tiziana Friggione
Ida Orlando
Caterina Iannella
Alessio Stalla
Maddalena Celano
Roberta Pinzauti
Silvia della Costanza
Anna Nestucci
Cristina Tabacchi
Gianna Curti Cletch
Giovanna Bianchi
Cinzia Francabandera
Simona Adelaide Martini
Suny Vecchi Frigio
Francesca Calamai
Cristina Carelli
Betty Argenziano
Marina Longo
Anna Nestucci
Gianna Curti Clech
Desirée Olianas
Lucia Celant
Meri Teglia
Silvia Eleonora Longo
Giovanni Baggio
Barbara Agreste
Danila Zangarini
Nicolò Toccafondi
Michela Noris
Lucia Medici
Marika Cassimatis
Rosella Perugi
Mariantonietta Martiniello
Claudia Castangia
Giuliana Angotzi
Laura Cancellieri
Costanza Agnese Matranga
Stefania Serina