La donna che vendeva le donne

Ospitiamo questa traduzione di Anita Silviano di un articolo di Lydia Cacho

 

Chantal Montellier, da “Shelter”

Durante un evento internazionale nel quale si discuteva di specifiche strategie per sradicare la schiavitù umana, al nostro tavolo, dedicato a come indebolire la criminale economia dei trafficanti, c’era anche la direttrice della Rete mondiale delle sex workers.

Dopo la presentazione di un esperto finanziario, la donna ha preso la parola. Lei dopo aver dichiarato che era stata in passato una prostituta, si è scagliata contro tutte le organizzazioni che soccorrono le vittime della tratta nel mondo.

Ha affermato che c’era un complotto del proibizionismo umanista per strappare alle donne e alle ragazze il diritto a vendere i loro corpi, cercando di screditare chi aveva salvato migliaia di bambine e bambini dalle grinfie degli sfruttatori del turismo sessuale nel sud-est asiatico.

Il sabotaggio dell’evento era abbastanza chiaro, ma agli organizzatori inglesi sembrava politicamente scorretto redarguire la promotrice del commercio sessuale. Poi, un esperto dell’Interpol, spiegò a porte chiuse, che questa donna era sospettata di promuovere bordelli, nei quali era lampante la riduzione in schiavitù di donne molto giovani.

Rimase una conversazione da corridoio, perché al minimo tentativo di aprire questo dibattito, fummo accusati di voler moralizzare il diritto delle donne a usare il proprio corpo come più gli aggrada.

 Pochi giorni fa, l’Universal, ha rivelato che le autorità di Città del Messico hanno arrestato Alejandra “la tenutaria di Sullivan”, che si presentava come difensora delle sexworkers e, che secondo approfondite indagini, svolte dalla Procura Generale del Distretto Federale, in realtà, era dedita alla schiavizzazione di quaranta donne, che insieme al figlio minacciavano di morte e maltrattamenti, in una forte rete di schiavitù sessuale.

Le testimonianze delle giovani che sono riuscite a scappare e denunciare queste presunte attiviste dei diritti delle lavoratrici del sesso, rivelano le strategie che le/i trafficanti utilizzano a livello mondiale man mano che si creano nuove leggi per sradicare la tratta delle persone.

Ovviamente, non tutte le attiviste che difendono i diritti degli umani nel settore del sesso sono trafficanti. Tuttavia, ci sono molte sopravvissute della tratta che inserite nell’industria criminale – decidono se farne parte e si convincono che sia arrivato il loro turno di sfruttare una nuova generazione di giovani, normalizzando la tratta come una falsa forma di libertà economica controllata da terzi.

Abbiamo visto centinaia di casi di basso e alto profilo nei quali l’industria del sesso guadagna, come il clan Andrade/Trevi, che sostenuti dall’industria dell’intrattenimento sono emersi trionfanti e famosi dopo aver distrutto la vita di molte giovani.

Senza dubbio, le leggi si muovono più rapidamente dei cambi culturali e la cultura della violenza è quindi un ostacolo al progresso della giustizia e alla lotta alla criminalità organizzata.

C’è una grande malignità nel dibattito, che impedisce di chiarire le complessità della schiavitù umana come impresa criminale. 
Secoli di normalizzazione dello sfruttamento lavorativo per il progresso economico hanno portato alla creazione di una falsa ideologia che giustifica le diseguaglianze di razza, genere ed economica, stabilizzandole.

Hanno portato, cioè, all’idea che lo sfruttamento, la povertà, il razzismo, il classismo e il sessismo sono inevitabili e naturali, permeando così tutta la nostra cultura. La maggior parte dei trafficanti sostiene che ciò che fanno è gestire la sicurezza, l’economia e la libertà di chi si prostituisce e, quindi, hanno diritto a un compenso economico e al controllo delle “dipendenti”.

Nessuno ha detto che sia facile determinare come ogni essere umano si faccia carico delle sue libertà, come e perché milioni di persone cresciute in situazioni di violenza familiare e sociale, riproducano gli stessi modelli di comportamento e prendano l’abuso come qualcosa di meritato.

Nessuno ha detto che sia facile riconoscere gli elementi psico-emozionali e la manipolazione affettiva e psico-sessuale, che porta a essere schiavizzata, convincendosi di meritarsi questo stato di degrado.

Rafael Barret ha detto: “Se la proprietà non esiste, bisogna inventarla”. Parafrasandolo, potremmo dire che se la libertà non esiste, bisogna inventarla.

Indubbiamente, l’unico modo per porre fine alla schiavitù sessuale è quello di far luce su ogni gruppo che insista nel giustificare la vendita di esseri umani come un’impresa economicamente redditizia, perché, come abbiamo visto nel recente caso della signora Sullivan, i trafficanti sono seduti al tavolo che difende la libertà di schiavizzare, camuffata da libertà di scelta.

 

[il testo originale si trova qui]

 

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