Il dolore delle donne ucraine

di Julie Bindel

Traduzione dall’inglese di Chiara C.

Le donne da sempre pagano il prezzo più alto nei conflitti bellici, la violenza sessuale e ogni genere di tortura si esercita sui nostri corpi considerati terreno di conquista. In questo momento migliaia di donne e bambini ucraini stanno rischiando di finire nelle mani di trafficanti che aspettano ai confini pronti a colpire. Julie Bindel ci racconta in questa intervista all’attivista femminista ucraina Maria Dmytrieva che cosa sta accadendo alle donne ucraine in questo momento. Siamo vicine con il cuore alle nostre sorelle, c’è bisogno di tenere alta l’attenzione su questa grave violazione di diritti umani perché le autorità intervengano, molte attiviste femministe sono già attive ai confini per dare assistenza alle donne profughe. 

Improvvisamente, immagini di donne ucraine sono su internet. La maggior parte di loro sono madri, che fuggono dai convogli russi, portando i loro figli oltre i confini. Molte di loro stanno lasciando mariti e fratelli a combattere. Ma queste fotografie strazianti, pubblicate dai media tradizionali, sono solo una parte della storia. Le donne ucraine soffriranno in una miriade di modi prima che questa guerra sia finita.

Pornhub ha una nuova categoria: “Ragazze ucraine e video di stupri di guerra”; è dominata da soldati russi che documentano crimini disgustosamente brutali. La violenza domestica e le molestie per strada sono già aumentate. Le donne rifugiate cadono vittime di papponi e trafficanti; i canali ufficiali – la polizia, gli ospedali, i sistemi legali – non le aiutano.

Per quanto riguarda le donne, “il racconto della guerra da parte della stampa estera si concentra soprattutto sulle donne che fuggono con i bambini”, mi racconta Maria Dmytrieva. L’attivista femminista ucraina – un membro chiave del Global Network of Women Peacekeepers – crede che questa narrazione rappresenti male la realtà della guerra per le donne, e i modi in cui le donne diventano specificamente obiettivi di attacco.

Parliamo via Zoom, e mentre scende la notte, lei si siede nell’oscurità, per non essere individuata dagli invasori. Anche se i russi non sono ancora arrivati nella sua piccola città, a pochi chilometri da Kiev, come tutti gli altri in Ucraina lei è in una posizione pericolosa. Maria è stata coinvolta nella campagna per porre fine alla violenza maschile in Ucraina per più di due decenni. Le ho fatto visita in Ucraina in diverse occasioni e l’ho vista far tremare uomini potenti in posizioni governative di alto livello quando inveisce contro le ingiustizie verso donne e ragazze.

Uno studio del 2019 ha scoperto che il 75% delle donne in Ucraina ha riferito di aver subito una qualche forma di violenza dall’età di 15 anni, e una su tre ha riferito di aver subito violenza fisica o sessuale. Secondo una recente dichiarazione delle Nazioni Unite, la crisi e la fuga dal proprio paese hanno recentemente messo le donne in Ucraina a maggior rischio di violenze e abusi sessuali e fisici. Non ci sono ancora cifre che mostrino i livelli di violenza subiti da donne e ragazze dopo l’invasione russa, ma le ONG femminili stanno raccogliendo molte prove.

Per molti versi, le esperienze delle donne in Ucraina riecheggiano la condizione delle donne nelle guerre nel corso della storia: ci troviamo di fronte a protezioni ridotte dalla violenza e spesso ad un aumento degli abusi domestici. La situazione è esacerbata, però, dal fatto che l’Ucraina è invasa da un paese che ha effettivamente depenalizzato la violenza domestica nel 2017. È ben documentato che, dopo un conflitto, quando gli uomini traumatizzati tornano a casa, i livelli di violenza contro le donne aumentano. Ma se la Russia vince, il diritto degli uomini ucraini di picchiare le loro mogli sarà sancito dalla legge del paese. Finora ci siamo sentiti come una nazione, uniti intorno a questa minaccia comune”, mi ha detto Dmytrieva. “Ma siamo praticamente destinate ad assistere alla crescita di casi di violenza domestica, di violenza maschile contro le donne, sia durante che dopo la fine della guerra”.

La violenza domestica non è l’unica minaccia per le donne in guerra. C’è una “nuova ondata di violenza sessuale”, con 11 denunce di diverse donne che hanno dichiarato di essere state violentate da soldati russi a Kershon, confermato da un ginecologo locale. Di queste 11, solo cinque sono sopravvissute. Altre denunce di violenze sessuali da parte delle truppe sono state riportate dai media britannici, ma, secondo Dmytrieva, poco è stato fatto per aiutare.

Le vittime di stupro subiranno le conseguenze molto tempo dopo la fine del conflitto – specialmente quelle la cui violenza viene fatta circolare su internet. L’esistenza di questo revenge porn malato assicura che le donne brutalizzate in esso non potranno mai tornare ad una vita normale. Anche se sfuggono al conflitto, che poi finisce, e tornano a casa, è probabile che vengano evitate dalle loro famiglie.

I video sono munizioni perfette per i papponi e i trafficanti per controllare le donne e costringerle alla prostituzione. Le donne e le ragazze sfollate sono spesso senza cibo, alloggio o reddito, e molte si prendono cura dei bambini. I trafficanti colgono l’opportunità per costringere le donne a vendere sesso, e presto vengono intrappolate e tenute prigioniere. “È davvero terrificante come il capitalismo e l’imperialismo vadano di pari passo per sfruttare coloro che non possono difendersi in questo momento”, mi dice Dmytrieva. “Ed è veramente terrificante vedere che in mezzo a tutto questo slancio di umanità nel prendersi cura delle altre persone, c’è chi vuole sfruttare questa vulnerabilità e trarne profitto. È davvero terribile”.

“Bande organizzate [stanno] cercando di rapire giovani donne sul confine polacco-ucraino e abbiamo già diversi casi in Germania dove le ragazze sono state rapite da papponi nei campi profughi”, spiega Dmytrieva. I puttanieri in Germania sono contenti; le colleghe femministe hanno visto degli screenshot  “che parlano online tra di loro di quanto sono felici di avere giovani donne ucraine fresche che attraversano il confine tedesco”. Senza casa, senza soldi, senza lavoro, senza risorse e con un quadro giuridico molto limitato che le protegge, queste donne sfollate sono tra le più vulnerabili al mondo.

Le donne sono vulnerabili ai protettori anche all’interno dell’Ucraina. Nell’est, anche prima che le tensioni con la Russia degenerassero in un’invasione su larga scala, l’economia locale era in ginocchio. Industrie precedentemente ad alta tecnologia erano state spogliate; macchinari e altri beni di valore sono stati riportati, all’ingrosso, in Russia. Erano rimaste poche opzioni di impiego. Come risultato, il numero di donne prostituite in Ucraina prima della guerra era di circa 80.000. Questa cifra non include i bambini.

Per ora, la polizia è troppo occupata “andando in giro a cercare gli invasori” per indagare o perseguire i crimini contro le donne. Dmytrieva capisce l’urgenza. I terroristi stanno “piazzando bombe, ordigni esplosivi e granate nei seminterrati… stanno trasformando il nostro paese in un campo minato”. Ma spera che l’invasione russa venga respinta, lasciando spazio a una politica migliore per proteggere le donne.

Mentre le autorità sono troppo occupate per considerare l’impatto del conflitto sulle donne, coloro che fanno un commercio internazionale di bambini stanno approfittando pienamente della situazione. “Le cliniche ucraine di maternità surrogata ora pubblicizzano le donne attraverso Facebook, anche durante l’occupazione”, mi ha detto Dmytrieva. La stampa in Irlanda e altrove ha riferito di bambini “salvati” dall’Ucraina devastata dalla guerra dai loro genitori surrogati, e sui genitori surrogati “nel limbo”, perché i “loro” bambini sono bloccati nel paese ormai inaccessibile. Nessuna parola sulla situazione delle donne che hanno dato alla luce quei bambini e si trovano dopo un parto vulnerabili in un paese devastato dalla guerra, a volte letteralmente “prendendosi cura del bambino” mentre i russi invadono.

Le donne ucraine sono sotto assedio, minacciate su ogni fronte, sia che fuggano o che restino. Naturalmente, anche gli uomini sono in pericolo. L’Ucraina non permette agli uomini tra i 18 e i 60 anni di lasciare il paese. Questa regola è, mi ha detto Dmytrieva, “ragionevole”. Ma le donne subiscono una violenza diversa e continua.

Tuttavia, non sono solo i modi in cui le donne sono vittimizzate a fare notizia. “Ci sono molte donne che sono rimaste, che hanno preso le armi, che assicurano la logistica per il nostro esercito. Ci sono centinaia e migliaia di donne che fanno questo lavoro che rende possibile il pieno funzionamento dell’esercito”.

Quasi il 17% dell’esercito ucraino è femminile, una delle percentuali più alte in Europa. Dmytrieva è una pacifista, ma ho sentito l’ammirazione nella sua voce parlando delle donne che hanno preso le armi. Di fronte a un’invasione straniera, è consapevole che “non possiamo permetterci un esercito debole, perché è questo che ci ha portato in questa situazione… avendo la Russia come vicino, abbiamo bisogno di un esercito molto forte”.

È furiosa con le femministe britanniche che hanno fatto una campagna per fermare l’invio di armi all’Ucraina da parte di Johnson per evitare “l’escalation” del conflitto. “Forse non si rendono conto che se la Russia ci prende, non ci saranno diritti per le donne”. Capisce il desiderio di pace di queste donne, ma pensa che sia “pesantemente mal riposto”. Quando le ho chiesto cosa possono fare le femministe in Gran Bretagna per sostenere l’Ucraina, ha risposto, senza battere ciglio, “mandare aerei, molti!

Non posso mandare a Dmytrieva i jet da combattimento di cui l’Ucraina ha così disperatamente bisogno, per respingere i raid aerei e l’artiglieria russa. Ma lei parla per me quando dice: “Come femminista, non posso chiudere un occhio sul pericolo che le donne stanno affrontando in Ucraina, sia in prima linea nel conflitto armato che quando tornano a casa”. Le organizzazioni femminili locali, nazionali e internazionali devono confrontarsi con gli orrori affrontati dalle donne ucraine; solo allora potranno capire come rispondere al meglio all’invasione russa.

Nel frattempo, sottolinea Dmytrieva, non ci sono donne al tavolo dei negoziati. Forse perché non si cerca il compromesso. “Non c’è molto spazio per i negoziati. Noi vogliamo che se ne vadano e loro ci vogliono morti”.

 

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