Il cancro della depenalizzazione totale della prostituzione si è insinuato nell’Unione Europea e nel Consiglio d’Europa.
Traduzione dell’articolo di Rachel Moran (18 marzo 2024)
Quando la Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, ha rilasciato una dichiarazione il 15 febbraio chiedendo la completa depenalizzazione dello sfruttamento della prostituzione, dei bordelli e di ogni forma di profitto da parte di terzi, ha affermato di aver “consultato sex worker in tutta Europa, le organizzazioni che le rappresentano, organizzazioni internazionali rilevanti ed esperti…”
Ciò ha colto di sorpresa tutti coloro che sono coinvolti nella lotta contro il sistema prostituente, ossia le organizzazioni di sopravvissute alla prostituzione, le associazioni che assistono le vittime di prostituzione, gli attivisti per i diritti delle donne e gli esperti legali nei danni del commercio sessuale globale. È stato un colpo di scena perché nessuno di noi è stato consultato.
Per quanto possa sembrare bizzarro, non c’è nulla di nuovo nella promozione dello sfruttamento della prostituzione sotto il vessillo dei principi dei diritti umani; è ovviamente paradossale, ma noi del movimento per i diritti delle donne ce lo siamo sentito dire per anni. Ci sono molte fallacie logiche che emergono da questa linea di pensiero, la prima ed essenziale è la concezione errata che essere palpeggiate, leccate, e penetrate da estranei non sia di per sé una violazione.
Molte donne hanno fatto campagne per anni contro il commercio sessuale globale. Alcune di noi, come me, sono state abusate nei bordelli e nelle zone a luci rosse. Molte altre no. Ciò che ci unisce tutte è la visione che ciò di cui il mondo ha bisogno è un sistema di parziale depenalizzazione, nel quale coloro che sono sfruttate nella prostituzione siano decriminalizzate, mentre i prosseneti, che godono di ingenti profitti e i compratori di sesso che godono dell’acquisto e dell’accesso sessuale ai corpi di donne vulnerabili, siano legalmente responsabili del proprio comportamento abusante e di sfruttamento.
Abbiamo visto per anni i vari “contraccolpi creativi” da parte dei profittatori di un commercio sfruttatorio che deve reinventarsi di fronte al progresso legislativo fatto in questo settore dalle sopravvissute al commercio sessuale e dalle organizzazioni per i diritti delle donne. Il manto dei ‘diritti umani’ era probabilmente la posizione meno appropriata e al tempo stesso più influente da cui avrebbero potuto scegliere di argomentare. Ogni tanto, però, la maschera scivola in modo così drammatico da risultare persino divertente, come quando Amnesty International è stata interrogata a Stormont nel 2014 sull’implicazione del prosseneta britannico Douglas Fox nella formulazione della loro politica sulla prostituzione, o quando l’avvocata di alto profilo per i ‘diritti delle lavoratrici del sesso’ e consigliera per la politica di UNAIDS Alejandra Gil è stata condannata per tratta di persone in Messico tramite una vasta serie di accuse tanto gravi da farle ottenere una condanna a quindici anni di prigione in Messico.
Non tutti coloro che sostengono la decriminalizzazione totale della prostituzione sono spinti da un ovvio interesse personale. Alcuni sono mossi da interessi in ambito accademico, che non sono così evidenti per l’osservatore occasionale, ma sono tanto spregevoli quanto le motivazioni degli sfruttatori, dal mio punto di vista.
Altri argomentano da una prospettiva di ignoranza, ma genuinamente ben intenzionata per la depenalizzazione totale di tutti gli aspetti del commercio sessuale globale. Ma per quanto con buone intenzioni, non è possibile assumere questa posizione senza far scomparire la natura abusiva di ciò che viene fatto alle donne nella prostituzione. Solo quando si è totalmente accecati, ossia quando l’ideologia fa la parte del leone e la realtà effettiva di ciò che accade al corpo, allo spirito e alla psiche delle donne viene ignorata, questa posizione può avere senso. A me invece non sfugge il fatto che questa sia la deumanizzazione che si manifesta in un’altra forma. Il commercio sessuale ne è intriso; perché gli argomenti per difenderlo dovrebbero avere un sapore diverso?
Non mi sono mai imbattuta in un’argomentazione che chiedesse la piena depenalizzazione di tutti gli aspetti della prostituzione e che non fosse gravata da inesattezze, inversioni linguistiche e occultamenti calcolati.
La dichiarazione della signora Mijatović è un buon esempio di ciò. Si afferma che “Il Belgio è diventato il primo Paese europeo a depenalizzare il lavoro sessuale nel 2022” prima di proseguire nel lodare questa mossa come un nuovo faro della legislazione progressista, visto che “La nuova legge decriminalizza anche i terzi, che non saranno più penalizzati per l’apertura di un conto bancario per le lavoratrici sessuali o per affittare alloggi, e consente alle lavoratrici sessuali di pubblicizzare i propri servizi.”
Non si fa mai cenno al perché una presunta donna autonoma nella prostituzione avrebbe bisogno di un pappone per aprire un proprio conto bancario. Non si menzionano nemmeno le cifre delle tariffe, addebitate alle donne per affittare camere in cui essere sfruttate, spesso così esorbitanti da dover essere costrette ad avere rapporti con sette o otto uomini per coprire anche solo l’affitto di un giorno.
Sono tornata dal Belgio l’11 febbraio, solo pochi giorni prima che questa dichiarazione venisse rilasciata. Ero andata lì per una missione conoscitiva, per condurre quattro interviste pre-pianificate e per camminare, accompagnata, nella zona a luci rosse. È situata a due passi dal Parlamento Europeo. Le parole non possono descrivere quanto fosse disturbante quello che ho visto. Decine e decine di donne seminude in vetrina, a costeggiare l’intero lato di una strada molto lunga, e molte altre donne nelle strade laterali collegate ad essa e alle strade oltre a quelle. Ragazzini in età preadolescenziale che giocavano in quelle strade laterali, come se giocare tra donne esposte come oggetti sessuali fosse un ambiente naturale o sano per dei bambini; come se imprimere nella mente dei ragazzi la visione delle donne come merce sessuale fosse una cosa totalmente avulsa dal creare violenza e misoginia negli uomini che diventeranno.
Le donne che ero andata a intervistare coprivano varie aree di competenza. Viviane Teitelbaum, Vice Presidente del Parlamento Regionale di Bruxelles, ha detto questo sui suoi colleghi che hanno cospirato per creare la situazione in cui il Belgio si trova ora: “I politici che hanno votato per la depenalizzazione non hanno ascoltato le donne. Hanno votato per un sistema che va bene per gli sfruttatori , per i trafficanti, per alcuni uomini. Hanno ignorato tutti gli avvertimenti, hanno ignorato tutti i messaggi delle organizzazioni delle donne e delle donne che sono venute a testimoniare in Parlamento. Hanno solo ascoltato i rappresentanti di un sistema che lucra sulla povertà delle donne.”
Pascale Rouges, prostituita per molti anni in Belgio, ha detto: “Vendi corpo e anima. Questo è il lavoro, sempre se si può chiamarlo lavoro. Dai davvero tutto il tuo corpo; niente ti appartiene e perdi la tua anima. Vorrei chiedere a questi politici se gradirebbero questa opzione per i propri figli.”
Alyssa Ahrabare è la responsabile legale della European Network of Migrant Women con sede a Bruxelles, una piattaforma composta da oltre cinquanta organizzazioni che operano in ventitré Paesi dell’Unione Europea. Le chiedo quale sia il profilo delle donne nella prostituzione in Europa; mi dice che il 70% delle donne prostituite sono donne migranti. Afferma: “La realtà della prostituzione per la maggior parte delle donne coinvolte non è altro che violenza. Parliamo molto di libertà di scelta e libertà sessuale; ma questo non ha a che fare con la prostituzione. Le donne e le ragazze coinvolte vengono private del loro desiderio, della loro individualità e umanità.”
Mireia Cresto, Direttrice esecutiva dell’organizzazione coinvolta in prima linea Isala con sede a Bruxelles, afferma: “È evidente come la nuova legislazione abbia creato un fattore attrattivo rispetto al commercio sessuale: papponi e trafficanti sanno che il territorio belga è ora favorevole ai loro affari. Sul fronte delle donne e ragazze colpite dal sistema della prostituzione, la depenalizzazione non porta né un miglioramento di status né una protezione aggiuntiva, poiché per condannare uno sfruttatore bisogna dimostrare che ci siano stati un profitto o un vantaggio anormali.” Un profitto o vantaggio anormali, ossia, al di là del normale business del prossenetismo.
La decisione del governo belga di permettere la libera violazione dei diritti umani, che ho osservato per le strade di Bruxelles, dimostra il pericoloso distacco tra il pensiero proveniente dalle torri d’avorio e la realtà sul campo.
Ciò che è ancora più preoccupante è il coinvolgimento della Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa in un’azione coordinata e determinata a diffondere la depenalizzazione totale del commercio sessuale in tutta Europa.
La verità dei sistemi di prostituzione depenalizzati è che sono un cancro su questa terra, e in Europa le prime cellule sono comparse in due strutture politiche molto importanti: l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa.
Gli anni a venire ci mostreranno la determinazione dei nostri politici nel decidere se estirpare con fermezza il tumore o permettere a questo distruttivo cancro sociale di diffondersi su tutto il continente.