Donne nere e prostituzione
L’attivista e sopravvissuta Vednita Carter ha organizzato una tavola rotonda virtuale con attiviste e sopravvissute sul tema “Donne nere e la prostituzione” il 25 febbraio 2021. La voce delle donne nere in prima linea nel dare supporto alle donne e ragazze prostituite nei loro paesi d’origine non arriva mai nei media mainstream. Un certo femminismo liberal o “transfemminismo” abusa del concetto di “intersezionalità”, concetto in realtà elaborato da un’attivista per i diritti umani afroamericana Kimberly Crenshaw per descrivere l’intersecarsi di diverse identità sociali e relativi sistemi di oppressione e discriminazione. Secondo queste donne bianche, spesso accademiche e di classe medio-alta le donne nere prostituite sarebbero “sex worker”, “lavoratrici del sesso” o nel caso delle donne migranti “sex worker migranti”. Questo linguaggio colonialista è rifiutato dalle sopravvissute e dalle donne prostituite nere che spiegano come agisca in realtà l’intersezione di razzismo e sessismo nelle loro vite in ogni parte del mondo. La prostituzione si nutre del razzismo, le donne nere subiscono ogni genere di violenza non solo da parte di prostitutori e trafficanti ma anche dalla polizia e dal sistema giudiziario stesso. Si parla sempre di tratta riferita alle donne nere e migranti, ma poi per le donne nere prostituite spesso senza tetto, tossicodipendenti, affette da disturbi mentali, costrette a subire stupri per sopravvivere c’è indifferenza, nessuno si preoccupa del loro destino. Ragazze nere sfruttate sulla strada al raggiungimento del diciottesimo anno di età vengono considerate non più vittime di tratta, ma donne responsabili di scelte sbagliate per i misogini, lavoratrici il cui unico problema sarebbe lo stigma per le cosiddette “transfemministe”. Contro questa narrazione falsa le donne nere raccontano la loro verità che comprende la riflessione sulla molteplicità dei traumi cui le donne nere sono sottoposte: primo tra tutti il trauma della violenza secolare della schiavitù che si perpetua nella mercificazione dei corpi delle donne nere. Una schiavitù che non è mai finita per le donne nere. Una schiavitù che mira anche al controllo delle menti da parte dei e delle bianche che vogliono far credere alle donne nere che la vendita dei loro corpi sia espressione di libertà, la cosiddetta “liberazione sessuale”. Ma come ci raccontano Vednita, Brenda, Mickey e Roella non ci può essere libertà quando il tuo corpo viene comprato, quando sei ridotta a cosa con un prezzo, le donne nere chiedono giustizia, che il valore delle vite delle donne nere sia riconosciuta e la schiavitù della prostituzione venga abolita.
Traduzione di Chiara C.
Vednita Carter: Ciao a tutte/tutti, oggi parleremo delle donne di colore, la tratta e la prostituzione. Interverranno donne nere davvero forti che da tempo sono impegnate nel movimento e hanno dato davvero tanto, hanno dato il meglio per portare il cambiamento nei loro paesi, hanno fatto un lavoro magnifico con le loro associazioni.
L’obiettivo del Vednita Carter Presents è quello di sensibilizzare le persone sulla prostituzione e la tratta, vogliamo che le persone sappiano che cosa accade veramente nella prostituzione non solo negli Stati Uniti, ma ovunque nel mondo. La prostituzione e la tratta hanno un impatto sull’intera società: donne e uomini. Ma le conseguenze più gravi ricadono sulle donne e le ragazze. Il nostro scopo è proprio quello di raccontare la verità di quello che accade nelle loro vite. E’ fondamentale che le persone sappiano che la prostituzione è violenza, lo dico da sempre, la prostituzione è violenza contro le donne e le bambine. Le bambine non nascono pensando di diventare prostitute da grandi e se arrivano a pensarlo significa che è successo qualcosa di grave nella loro vita. Le persone devono sapere la verità e diffonderla, dobbiamo lavorare insieme. Spero e lotto perché le mie nipoti non debbano mai vivere la violenza della prostituzione.
Le donne che interverranno oggi sono: Audrey Morrissey direttrice di My Life, My Choice a Boston, Roella Lieveld fondatrice di Share network ad Amsterdam, Mickey Meji la fondatrice e direttrice del programma di empowerment e sostegno per le sopravvissute SEPS in Sud Africa, Brenda Myers Powell direttrice di Dreamcatcher a Chicago.
Vednita Carter: In questa tavola rotonda parleremo di cosa sta succedendo nel mondo alle donne nere, non importa se vivono negli Stati Uniti o in Sud Africa come Mickey o in Olanda come Roella, tutte noi abbiamo qualcosa in comune quando parliamo di prostituzione. Si sente sempre parlare di prostituzione e tratta come fossero due cose distinte, si sente parlare poco di prostituzione e molto più di tratta. Si parla sempre di tratta, ma non delle donne prostituite, eppure quando ero nella prostituzione negli anni ’80, quando ho iniziato il mio attivismo non esisteva neanche la parola tratta, è comparsa forse negli ultimi 10 anni o poco più. Le donne e le ragazze che aiutiamo a Breaking Free si chiedono “sono stata trafficata?”è una cosa nuova per loro, questa definizione non esisteva, io sapevo di essere nella prostituzione. Per me sono la stessa cosa: la tratta non esisterebbe se non esistesse la prostituzione. La prostituzione viene prima, è il presupposto della tratta.
Audrey Morrissey: Assolutamente Vednita, è così! Quando facevo la vita tra il 1980 e il 1993 ci chiamavamo prostitute. Adesso che lavoro con le adolescenti usiamo la definizione “sfruttamento sessuale di minore”, con tratta intendiamo il traffico criminale di armi, droga e esseri umani. Le adolescenti però poi diventano adulte e il linguaggio per definirle cambia appena compiono 18 anni, eppure sono sempre le stesse: da bambine sono vittime di tratta, appena arriva il diciottesimo compleanno diventano prostitute. Si tratta dello stesso fenomeno: a 18 anni non cambia nulla, ma a 18 anni possono criminalizzarle per quello che gli è accaduto, non sono più considerate vittime. Basta un giorno per fare la differenza: “adesso hai 18 anni e sai quello che devi fare, sei responsabile di scelte sbagliate”.
Roella Lieveld: Veniamo da paesi diversi ma quello che abbiamo in comune è che siamo donne nere, mi veniva in mente una citazione: “gli uccellini che sono nati in gabbia pensano che volare sia una malattia”. Le nostre radici sono in Africa, sono nata ad Amsterdam, ma ho sempre avuto la sensazione di essere nel posto sbagliato, mi chiedevo “chi sono veramente? Da dove vengo? Da quale paese?” I miei genitori vengono dalle colonie, da Suriname che è diventato indipendente nel 1975. E’ stato difficile capire chi fossi essendo nata in Olanda ma senza avere un passaporto olandese. Vedo qui in Olanda lo stesso fenomeno di sfruttamento dei corpi delle donne nere, corpi venduti, buttati nelle vetrine. Puoi anche dissociarti per andare avanti ma le etichette che usano per discriminarti sono chiare, il quartiere a luci rosse ad Amsterdam è strutturato con uno scopo ben preciso ovvero per dividere le donne in base al colore della pelle e la provenienza: c’è la parte dedicata alle donne nere di origine dominicana e quella per le donne provenienti dall’Europa dell’Est.
Vednita Carter: negli anni ’80 non c’era la parola tratta, le donne non si identificavano come vittime di tratta, si consideravano prostituite. Adesso si cerca di dividere le donne in categorie e il trattamento è diverso: per le vittime di tratta c’è preoccupazione, ma quando arriva il magico diciottesimo le donne prostituite sono invece stigmatizzate, oggettificate e nessuno si interessa al loro destino
Audrey Morrissey: Quando usi la parola tratta tutti sono disposti a comprendere e aiutare “queste povere ragazze o donne nere” ma non c’è differenza tra la vittima di tratta e la prostituita: le donne prostituite sono tossicodipendenti, soffrono di malattie mentali, sono senza tetto. Nonostante questo la donna adulta in strada tossicodipendente in cerca di pochi soldi viene vista come un problema sociale. Cerco di far capire alle persone che la ragazza minorenne può rimanere in strada fino ai 30 anni, questa è stata la mia storia, ero sempre in un angolo della strada a 30 anni, dipendente da eroina e i soldi non arrivavano più come prima, io ero cambiata e questo succede quando non riesci ad uscire, ma il dolore è lo stesso. Le donne che noi incontriamo nei nostri programmi di sostegno non usano il termine “tratta” anche se erano senza tetto o tossicodipendenti. Il linguaggio è molto importante.
Vednita Carter: come donne nere ci troviamo ad affrontare il doppio nodo di razzismo e sessismo. Parlando con un gruppo di donne bianche mi chiedevano qual è il problema dominante per le donne nere il razzismo o il sessismo? Quando si parla di prostituzione la prima cosa che le persone vedono è il colore della pelle ed è quello che decide cosa accade loro quando fanno la vita, come saranno trattate.
Mickey Meji: Non c’è differenza tra tratta e prostituzione se si guarda come sono reclutate le donne e le bambine nella prostituzione. La maggioranza delle ragazze sono indotte alla prostituzione da donne più adulte o uomini sfruttatori, vengono spostate da un luogo ad un altro. Qui in Sud Africa una donna che vive in campagna in un villaggio e viene chiamata a vivere in città scopre solo una volta che è arrivata che ad aspettarla c’è la prostituzione.
Audrey Morrissey: Una sopravvissuta bianca una volta ha raccontato di essere stata arrestata mentre era in strada insieme ad una donna di colore, il poliziotto ha poi rilasciato la donna nera e ha portato la bianca in carcere perché secondo lui la sua vita era importante mentre considerava normale che la ragazza di colore restasse a fare la vita in strada. Questo è il riflesso della mentalità dei bianchi: va bene per la donna nera restare nella prostituzione perché la prostituzione è l’unica cosa che sa fare, quello è il suo valore, non esiste altro per lei secondo questi uomini. Razzismo e sessismo sono interconnessi, il razzismo arriva per primo, il sessismo subito dopo. Le donne nere restano intrappolate per questo a fare la vita.
Mickey Meji: Non sono solo i prostitutori e i trafficanti ad essere razzisti ma anche la polizia. Qui in Sud Africa se vedono una donna nera in strada la arrestano per adescamento, se è bianca invece presumono che stia passeggiando di notte. La ragazza nera non deve farsi trovare in una certa zona altrimenti viene arrestata. Quando la polizia dice di “pulire” le strade non osano mai arrestate le bianche, ma sempre le donne nere.
Vednita Carter: succede anche qui negli Stati Uniti, le donne nere vengono arrestate per lo stesso reato delle bianche ma vengono trattenute di più in carcere, perdono la custodia dei figli, le bianche vengono mandate nelle cliniche per disintossicarsi dalle droghe, I bambini restano nelle famiglie di origine, vengono trattate in modo diverso.
Roella Lieveld: anche qui ad Amsterdam succedono le stesse cose solo con modalità diverse, anche il linguaggio usato è diverso, ma la sostanza non cambia. Di recente un gran numero di persone bianche si sono affollate in un parco famoso violando le norme covid, la polizia però che ha constatato che le distanze non erano rispettate non ha applicato alcuna sanzione, quando invece è intervenuta durante la protesta che c’è stata anche da noi di “Black Lives Matters”. Sono nata nel ghetto della città di Amsterdam, qui ci sono grandi edifici e casotti dove puoi vedere ragazzi e ragazze che vengono stuprati, gli uomini aspettano in fila per stuprare e magari pagare due soldi, ma se noi vediamo tutto questo sicuramente ne è a conoscenza anche la polizia che però non fa nulla. Gli olandesi sono maestri nell’architettura come nel linguaggio per nascondere e mascherare quello che accade e parlano poi di “liberazione”, ma si tratta davvero di liberazione? È questa per noi la libertà?
Vednita Carter: Sono stata nell’industria dello strip-tease negli anni ’70 e c’erano dei night club solo per donne nere, ispaniche e altri per donne bianche e tutto era diverso. Anche i soldi che circolavano erano diversi, per le ragazze bianche c’erano delle protezioni di vetro perche gli uomini non le toccassero, per le donne nere non c’era nulla, le donne nere sono discriminate in ogni ambito, dal sistema giudiziario al trattamento della polizia, ecc.
Brenda Myers Powell: Sono stata nell’industria dello strip tease, nei bordelli, per strada e dovevi avere una sfumatura di pelle più chiara per essere accettata, io usavo il make-up per sbiancare la pelle, per diventare più appetibile. Non potevo mai essere me stessa, questo era profondamente disturbante, ma dovevo adeguarmi.
Vednita Carter: Le donne nere fanno più fatica ad elaborare il loro trauma quando escono dalla prostituzione, il loro trauma è un trauma storico e non se ne parla mai qui negli Stati Uniti dell’eredità storica della schiavitù. Le donne nere sono traumatizzate da abusi sessuali che sono andati avanti da 500 anni, l’impatto che la schiavitù ha avuto su di noi come popolo è devastante per questo per le donne nere è così difficile uscire dalla prostituzione e guarire dai trauma. L’esempio delle John’s school, i programmi per i prostitutori è eclatante: sono per la stragrande maggioranza bianchi, al 90% sono loro che comprano le donne nere. Quando dico che la prostituzione è un prolungamento della schiavitù non è un modo di dire, lo credo veramente, la schiavitù delle donne nere continua. Ci sono donne nere che chiedono la regolamentazione della prostituzione di questo volevo parlare con voi.
Brenda Myers Powell: Sono donne che fanno confusione con la liberazione delle donne, la libertà di fare con il proprio corpo quello che vogliono, ma libertà di fare quello che vuoi del tuo corpo non deve mai essere confusa con la schiavitù: essere comprate non è essere liberate, ma continuare ad essere oppresse. Avere qualcuno che può comprarti come se tu fossi una cosa, qualcuno che stabilisce un prezzo per te stessa questa è schiavitù. Qualcuno la chiama schiavitù moderna, ma non è moderna, è sempre esistita e non è mai cambiato nulla, non c’è niente di nuovo in questo, è sempre stata schiavitù. Continua ad accadere e deve finire.
Vednita Carter: Quando le persone della tua comunità chiedono di legalizzare la schiavitù della prostituzione significa che abbiamo interiorizzato l’oppressione, anche se siamo negli Stati Uniti non abbiamo mai avuto l’opportunità di parlare dell’oppressione che abbiamo sofferto per 300-400 anni. Nelle scuole non se ne parla, c’è tantissimo odio interiorizzato.
Mickey Meji: l’arma più potente in mano all’oppressore è il controllo della mente dell’oppresso. Quando fai credere alle persone che quello che stanno facendo ai loro corpi è liberazione, che la prostituzione quando qualcuno ti compra sia liberatorio è la manifestazione più evidente di come agisca il controllo dell’oppressore.
Brenda Myers Powell: Esatto, questo mi fa pensare alla “William Lynch’s Letter” i bambini afro-americani dovrebbero studiarlo a scuola per spiegare come hanno sempre schiavizzato la nostra mente e così hanno schiavizzato il nostro corpo, per questo gli uomini afro americani non possono sostenerci, le loro menti sono schiavizzate. Le menti delle donne nere sono schiavizzate perché non riconoscono chi sono, quanto è grande il loro valore, e come la nostra grandezza sia stata strappata via. Tantissimo tempo fa ci hanno schiavizzato e gli effetti durano ancora oggi sulle nostre menti, il loro obiettivo è chiaro “dividi e domina”, così ci fanno accettare la nostra schiavitù.