Dichiarazione globale della CATW su Amnesty International e Diritti Umani
Resistenza Femminista ha firmato il secondo appello della Coalition Against Trafficking in Women International (CATW) perché Amnesty International si attenga alle leggi internazionali e ai principi dei diritti umani nel tutelare le persone sfruttate e considerare colpevoli i loro sfruttatori. Vi invitiamo, con CATW, a unirvi a questa Dichiarazione globale se vi considerate: parte di organizzazioni nazionali, internazionali, regionali, di base e di supporto, che forniscono servizi alle donne vittime di violenza e discriminazione; attiviste dei diritti delle donne, femministe, sopravvissute alla prostituzione o ad altre forme di violenza sessista; tra coloro che credono che le persone vendute nella prostituzione non debbano essere criminalizzate in nessun ordinamento giuridico locale o nazionale. Se vi sentite parte di uno di questi gruppi, unitevi alle centinaia di attiviste/i di base e firmate questa Dichiarazione Globale seguendo il link https://www.change.org/p/amnesty-international-vote-no-to-decriminalizing-pimps-brothel-owners-and-buyers-of-sex/u/13732840 .
DICHIARAZIONE GLOBALE
APPELLO AD AMNESTY INTERNATIONAL
PER SOSTENERE I DIRITTI UMANI
CONSIDERATO CHE:
Durante la riunione internazionale del Consiglio, tenutasi a Dublino dal 7 all’11 agosto 2015, i delegati di Amnesty International hanno discusso e adottato la “Decisione sugli obblighi degli Stati di rispettare, proteggere e operare nel rispetto dei diritti umani dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso” (“Decision on State Obligations to Respect, Protect, and Fulfil the Human Rights of Sex Workers”) con cui si appellano ai governi a favore della completa depenalizzazione di quello che essi chiamano “il lavoro sessuale”.
Amnesty International è una delle organizzazioni più note per i diritti umani la cui missione è di far rispettare la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (Universal Declaration of Human Rights) che stabilisce l’indivisibilità, l’inalienabilità e l’universalità dei diritti umani, compreso il diritto di ogni essere umano a vivere una vita dignitosa e libera dalla violenza;
L’appello di Amnesty International per depenalizzare la prostituzione, compresi i magnaccia, i proprietari di bordelli e i compratori di sesso, è in aperta violazione della sua missione e delle convenzioni internazionali, dei principi riguardanti i diritti delle donne e i diritti umani, e di tutti gli sforzi tesi all’ottenimento dell’uguaglianza di genere.
Noi sottoscritte facciamo parte di organizzazioni di base nazionali, internazionali e regionali che forniscono servizi di prima assistenza alle donne vittime di violenza e discriminazione, dalla prostituzione alla violenza domestica, alla tortura e allo stupro perpetrato da attori statali e non-statali; organizzazioni che sostengono leggi e politiche severe che promuovano i diritti delle donne. Tutte quante abbiamo reagito e fornito servizi sociali e legali, prestazioni mediche e alloggi a centinaia di migliaia di donne in tutto il mondo, intrappolate nella spirale della violenza maschile attuata contro di esse, compresa la prostituzione.
Siamo attiviste dei diritti delle donne, femministe, sopravvissute alla prostituzione e ad altre forme di violenza sessista, indigene, appartenenti alle caste inferiori, delle nazioni native, meticce, europee, discendenti degli europei, africane e della diaspora africana; latinoamericane e caraibiche; abitanti delle isole asiatiche e del Pacifico, da tutti i sei continenti.
Concordiamo con Amnesty sul fatto che le persone vendute in prostituzione non debbano essere criminalizzate nell’ambito di qualunque ordinamento giuridico. Le loro vite sono fatte a pezzi da un grave stigma sociale e dagli alti tassi di violazione dei diritti umani connaturati alla prostituzione, che comprendono la violenza, le molestie sessuali, lo stupro, la deumanizzazione, la degradazione, la tortura e perfino la morte per mano dei loro compratori, magnaccia, trafficanti, forze dell’ordine e altri attori statali e non statali;
Crediamo che la riduzione del danno sia uno strumento provvisorio necessario che fornisce protezione e che è rivolto ai bisogni delle persone prostituite, ma l’eliminazione del danno mediante la legislazione, i cambiamenti di paradigma e il cambiamento sociale sono la chiave per combattere le cause alla radice della prostituzione e dello sfruttamento commerciale sessista.
DI CONSEGUENZA E IN MODO INEQUIVOCABILE:
RIFIUTIAMO la decisione di Amnesty International di depenalizzare un sistema di sfruttamento commerciale sessista che è impregnato di storie di oppressione patriarcale, razzismo, colonialismo, schiavitù, genocidio e accettazione culturale della violenza e della discriminazione in primo luogo ai danni delle donne, che sono per la stragrande maggioranza di colore, indigenti, senza opportunità di scelta e vittime di violenza sessista ed economica, d’incesto, di stupri reiterati, di tortura, senza fissa dimora e vittime di emarginazione socioculturale.
RIFIUTIAMO l’uso fatto da Amnesty International del termine “lavoro sessuale”, un termine creato dall’industria del sesso e che è incompatibile con il diritto internazionale. La prostituzione non è né “sesso”, né “lavoro”, ma piuttosto violenza e discriminazione di genere perpetuata dal mercato del sesso multimiliardario e alimentata dai compratori (la domanda). Oltretutto, alcuni governi che hanno depenalizzato la prostituzione definiscono con il termine “lavoratore del sesso” chiunque fornisca servizi commerciali sessisti, comprendendovi i magnaccia e i proprietari di bordelli e, di conseguenza, non riferendolo unicamente alle persone direttamente coinvolte nella vendita di servizi sessuali;
RIFIUTIAMO quanto afferma Amnesty International, che la sua decisione di depenalizzare la prostituzione sia basata sugli studi in materia, quando omette di citare le ricerche e gli studi sui principali sistemi normativi che regolano la prostituzione, così come le loro conseguenze documentate. Amnesty International rifiuta, inoltre, di analizzare gli insuccessi della depenalizzazione della prostituzione in paesi come Germania, Olanda, alcuni stati dell’Australia, Nuova Zelanda e in altri ordinamenti giuridici.
RIFIUTIAMO il confronto di Amnesty International tra la sua posizione sulla pena di morte e la depenalizzazione della prostituzione. Votare una risoluzione in cui chiede agli Stati di non condannare a morte i loro cittadini in conformità con i principi dei diritti umani, è molto lontano dal sollecitare i governi ad acconsentire allo sfruttamento commerciale sessista mediante la depenalizzazione di magnaccia, proprietari di bordelli e compratori.
INVITIAMO:
Amnesty International a schierarsi dalla parte delle persone prostituite a prescindere dalla loro identità sessuale e di genere, e a chiedere la depenalizzazione di tali persone nell’ambito di qualunque ordinamento giuridico. Al suo stato attuale e come conseguenza del dibattito costante tra i delegati a Dublino, lo schema proposto da Amnesty permetterebbe a taluni governi di criminalizzare la vendita di servizi sessuali e, allo stesso tempo, permetterebbe di esentare compratori e magnaccia;
Amnesty International a consultarci come esperte/i di diritti delle donne e di uguaglianza di genere. Molte delle sottoscritte sono sopravvissute alla prostituzione e/o sono persone lesbiche/bisessuali/transgender o appartenenti a organizzazioni che forniscono servizi a questi gruppi sociali. Amnesty International non è in nessun modo legittimata a parlare per nostro conto o nel nostro nome quando giustifica il suo sostegno alla prostituzione e ai sistemi di sfruttamento;
Amnesty International a consultarsi con professionisti della salute e ricercatori al di fuori del settore per la prevenzione dell’HIV/AIDS e a raccogliere dati riguardanti i danni da trauma pervasivo, psicologico e fisico, sugli esseri umani, e in particolar modo sulle donne, comprendenti la morte, inflitti per mano di compratori e di magnaccia;
Amnesty International a sostenere la sua missione chiedendo ai governi di far rispettare e applicare il Protocollo di Palermo (Palermo Protocol), la Convenzione di Ginevra del 1949 (1949 Convention), il CEDAW e gli altri strumenti legali internazionali che riconoscono lo sfruttamento della prostituzione;
i soci di Amnesty International a opporsi al direttivo della loro organizzazione e a esortarlo ad adottare una risoluzione che richieda agli Stati di investire nel raggiungimento dell’uguaglianza di genere, combattere la violenza di genere e adottare leggi che depenalizzino unicamente le persone che vendono sesso e criminalizzino quelle che acquistano sesso: leggi anche conosciute come il Modello Nordico;
nel caso in cui Amnesty International dovesse adottare una politica che chieda agli Stati di depenalizzare magnaccia, proprietari di bordelli e compratori, sollecitiamo la società civile a respingerla senza riserve. In quanto comunità internazionale, dobbiamo condividere una visione di uguaglianza e batterci per un mondo in cui anche gli individui più vulnerabili siano tutelati dalle violazioni dei diritti umani.
#NoAmnesty4Pimps
il link per firmare: https://www.change.org/p/amnesty-international-vote-no-to-decriminalizing-pimps-brothel-owners-and-buyers-of-sex/u/13732840