La prostituzione a partire da sé: “Sono una sopravvissuta”
“Ho voluto fare la mia parte attirando l’attenzione sulla natura reale della prostituzione, per dare un volto e una forma all’orrore di essere molestata per denaro. Non è stato facile sostenere il peso di questa presa di coscienza, nè è stato facile trasmettere un messaggio del genere. Mi sono sentita per molto tempo come una donna che gridava dentro a una scatola di vetro da cui nessuno poteva sentirla. In questo libro si è parlato di come mandare in frantumi quella scatola; si è parlato di come dar voce a quel grido. È stato per la verità un processo doloroso; ma si è concluso adesso, ed ora che lo è spero che qualcuno mi abbia sentito. Spero che abbia prestato le sue orecchie a quel grido.”
Il nostro collettivo ha deciso di raccontarsi.
Da quando nel 2011 si è formato il primo nucleo di Resistenza Femminista, al centro delle nostre riflessioni c’è stata la violenza maschile sulle donne e le bambine. Volevamo che il nostro attivismo si ispirasse alla pratica femminista del “partire da sè”, interrogare i nostri vissuti all’interno dell’oppressione patriarcale alla ricerca delle nostre radici femministe (quello che le nostre madri e sorelle ci hanno lasciato in eredità) per riscoprire, portare alla luce la nostra forza e spiegare il senso della nostra passione politica di ricerca della giustizia per noi e le nostre sorelle. Volevamo che Resistenza Femminista diventasse uno spazio sicuro per sopravvissute alla violenza maschile (e la prostituzione è solo una delle manifestazioni di quella violenza, la più feroce, ma anche la più emblematica) e volevamo ridare voce alle donne che avevano vinto la violenza, ma che la società patriarcale, i media cercano di occultare perchè scomode.
Siamo rappresentate come oggetti muti e passivi, complici della violenza subita. Veniamo colpevolizzate e isolate, ma la pratica femminista rovescia questo tentativo di ri-vittimizzazione restituendo valore e spazio simbolico alla presa di parola delle donne che diventa parola politica che chiede e mette in atto il cambiamento.
Abbiamo deciso di unire le nostre voci a quelle delle nostre sorelle sopravvissute di SPACE international con cui abbiamo avviato un dialogo intenso che ha portato alla nostra traduzione del libro di Rachel “Stupro a pagamento”, libro forte e coraggioso destinato a lasciare il segno.
Anche noi come Rachel abbiamo deciso di mandare in frantumi la scatola di vetro e dare voce al nostro grido. Perchè siamo certe che altre donne, altre sorelle ci ascolteranno.
Di seguito la testimonianza di una nostra compagna:
Perché la prostituzione ti riguarda? Perché senti questo tema così vicino a te e al tuo vissuto? C’è stato un evento, una persona, un’esperienza che ti ha influenzata/o nella scelta di occuparti di questo tema?
Sono una sopravvissuta.
Avrei potuto morire. Fisicamente ho tentato e desiderato più volte il suicidio; emotivamente sono morta tante, troppe volte. Attacchi di panico, insonnia, difficoltà di concentrazione, problemi nelle relazioni. Difficoltà di accettarmi. Di accettare il mio corpo. Depressione e costante voglia di morire.
Esistevo senza vivere. Mi sono lasciata andare a droghe e alcool. Volevo annientarmi, disintegrarmi. Non pensare più, non ricordare più. Era una lotta costante contro me stessa. Il senso di colpa mi perseguitava.
Mio padre, un pedofilo. Ci ho messo anni solo per riuscire a formularlo come pensiero. Anni di abusi prima della ribellione. Anni di tribunali e interminabili udienze dopo, per far cessare il pericolo.
Ho scelto infine di alzare la testa, di provare a combattere quelle forze oscure che si erano insediate dentro di me. Per farlo ho dovuto guardarle attentamente, studiarle, sezionarle. È stato molto doloroso. Non posso descriverlo. La sensazione di uno squarcio allo stomaco, di organi tirati via a forza. Mi mancava l’aria e annaspavo toccando il fondo con le mani, provando a spingermi in superficie.
Il coraggio ho dovuto trovarlo, ho svuotato il serbatoio delle possibilità ed ho combattuto. Combatto tuttora le logiche che hanno favorito il mio annientamento, che hanno permesso al mio carnefice di poter solo pensare di avere potere su di me e di usarlo per farmi male, per umiliarmi e invadermi.
“La vittima, che è in grado di esprimere chiaramente la situazione della vittima ha cessato di essere una vittima: è diventata una minaccia.”
Questo bisogna fare. Ribaltare il ruolo passivo in attivo. Trovare la forza di riappropriarsi del proprio esistere e combattere contro ogni minaccia alla nostra libertà e autodeterminazione. Indagare, porsi domande, mettersi continuamente in discussione e non accettare le cose solo perché “è sempre stato così“.
Vorrei l’abolizione del sistema prostituente, vorrei che le donne costrette, direttamente o indirettamente, a prostituirsi possano avere una possibilità altra, perché sono consapevole che avrei potuto essere al loro posto se solo avessi lasciato vincere il dolore, il senso di essere nulla, di non valere niente. Se avessi fatto scelte diverse, se avessi continuato a bere e fumare, a provare droghe…non so che sarebbe successo…
Tante donne che arrivano alla prostituzione hanno subito abusi nell’infanzia. Come testimonia Ne’cole Daniels, sopravvissuta alla prostituzione e attivista di SPACE international:
“L’età media di una vittima di tratta negli Stati Uniti è 12-14 anni. Molte vittime sono forzate o spinte con il plagio nel mercato del sesso. Molte sono già state vittime di abusi sessuali in età infantile. I trafficanti e i papponi sono manipolatori esperti che riescono a conquistare la fiducia delle vittime per forzarle nello sfruttamento sessuale, costringendole e tenendole a bada attraverso la violenza e le droghe.”
Sono una donna bianca, occidentale, privilegiata rispetto alle tante donne che sono costrette unicamente a sopravvivere perché stigmatizzate dalla società e lasciate a marcire in un angolo di strada.
Io sono una di loro, ma ho avuto altre possibilità, ho potuto scegliere altro.
Per questo non posso ignorare l’evidenza, né per me è possibile girarmi dall’altra parte.
Se nel mio percorso non avessi trovato donne coraggiose che mi hanno aiutata a trovare le connessioni, dandomi la possibilità di vedere quello che non riuscivo a scorgere nella nube tossica che mi circondava;
se non avessi incontrato nei miei libri tante donne che mi hanno presa per mano condividendo con me la loro esperienza, aiutandomi ad unire i puntini, ad accendere la luce sul mio vissuto, sugli abusi e ad analizzare profondamente il mio ruolo di vittima, il mio ruolo nella società, il mio essere in quanto donna;
se nel mio cammino non avessi trovato persone che mi hanno dato valore, raschiando via a poco a poco quel senso di inadeguatezza, quel sentirmi inadatta ed impossibilitata a vivere il bello e che invece di tarparmi le ali hanno gioito guardandomi prendere il volo;
se mia madre avesse fatto finta di non vedere o avesse minimizzato la gravità di quello che avevo subito (e lo fanno in tanti), io chi sarei ora? Sarebbe stato lo stesso? Non so dare una risposta, so solo che la mia determinazione insieme al supporto di persone straordinarie mi hanno aiutata ad uscire dal fango.
E’ stata solo questione di fortuna, lo penso spesso, ho cercato una via di fuga, mi sono guardata intorno per trovare un senso, per sopravvivere…ed ho trovato la vita, canti e balli, condivisione e amore, forza e determinazione. Ho trovato la sorellanza e non ho più avuto dubbi.
Non è semplice fare le proprie scelte, decidere della propria vita solo in base ai desideri, lasciando fuori tutte le sovrastrutture che ci portiamo dietro da quando siamo bambini. Non è facile, bisogna lottare per tenersi stretto quel pezzo di realtà, quella parte vera di noi, andando contro a chi crede di sapere cosa sia giusto e cosa no. Non potrei vivere diversamente, però. Me lo devo. Ed è terribilmente bello sentirsi liberi e orgogliosi di se stessi.
Che cosa significa per te sul piano personale questo attivismo?
Mi dà forza, quella forza che non ho potuto tirare fuori prima, ora mi rigenera.
Serve a combattere l’immobilità con la quale ho convissuto per troppo tempo.
Combatto ogni giorno, dentro e fuori di me, contro logiche di potere e dominio. Contro il forte sul debole e ogni differenziazione arbitraria che ha come unico scopo quello di soggiogare l’altro da sè rendendolo invisibile e togliendogli soggettività (patriarcato, razzismo, specismo, omofobia, adultismo, fascismo, capitalismo).
Tutto questo perché so cosa vuol dire stare dall’altra parte, cosa realmente significa essere vittima. Quanto sia difficile, poi, riappropriarsi della propria vita, costruendola dal nulla, riappropriarsi del proprio esistere cercando di togliere uno per uno gli artigli conficcati nella pelle. Lavare via tutto è un lavoro impegnativo. Richiede costanza, determinazione e una buona dose di culo. Quello che la mia infanzia e la mia adolescenza sono state non è avvenuto per caso. La società intorno a me lo ha permesso. L’omertà imperante, le persone perbene che si girano dall’altra parte e le giustificazioni prive di giustificazione.
Il mio attivismo è necessario per non perdere la speranza, per vedere il colore anche dove luce non c’è.
Che legame esiste secondo te tra sistema prostituente e realtà contemporanea? che cosa succederebbe alla tua vita e a quella dei tuoi cari se fosse legalizzata sul piano globale?
In una società dove la prostituzione fosse paragonata ad un lavoro si legittimerebbe ancora di più l’idea che il corpo è comprabile, le persone (donne e bambini principalmente) possono e devono sottomettersi per necessità a chi ha più di loro. Si accentuerebbe il sessismo già insito nella nostra cultura. I bambini crescerebbero con l’idea che una donna può essere comprata e di conseguenza la costruzione di rapporti alla pari verrebbe minata.
In una società del genere siamo tutte a rischio. Le bambine di domani crescerebbero con l’idea che la loro sessualità è comprabile, che il loro corpo non vale, se non quanto il mercato sarebbe disposto a pagare.
Quanto varrebbero le loro emozioni?
Qual è l’obiettivo del tuo attivismo? Per quale mondo stai lottando?
Ho sperimentato la scissione. Ho dovuto dissociarmi. Separare mente e corpo. Tenere il marcio nascosto al mondo. Fare larghi sorrisi. Questo per non impazzire. Per tenere tutto sotto controllo. Ricomporsi e riprogrammare il proprio modo di pensarsi è difficile.
Convivo ancora con la mia parte oscura, ho imparato ad accettarla, la capisco, me la porto dietro come se fosse una vecchia saggia che mi consiglia e mi fa vedere oltre la superficie delle cose. Questo mi ha portato a lavorare nei centri antiviolenza, ad essere antispecista, femminista, anticapitalista, attivista, a lottare ogni giorno per un mondo dove valga la pena di vivere.
È per questo che mi batto affinché la prostituzione non venga normalizzata, non venga parificata ad un lavoro. Perché non lo è. E’ solo un modo per assoggettare un essere umano al potere di un altro, per oggettificare un’esistenza utilizzandola per i propri scopi egoistici.
Bisogna andare alla radice, decostruire, destrutturare, ridurre in macerie. Tutte le oppressioni hanno un filo comune che le lega. Spezziamolo, o meglio, usiamo quel filo per collegare le lotte, per renderci conto che separate/i non si va da nessuna parte. Un mondo diverso è possibile, un mondo dove ci sia cooperazione contrapposta al dominio, dove forza e debolezza non siano i pilastri dei rapporti tra le persone.
Noi stiamo cercando di costruire quel mondo.
BUONA LOTTA A TUTTE/I !!!