Claudia Quintero sopravvissuta colombiana: continuiamo a tollerare questa schiavitù?
di Ilaria Maccaroni
Al webinar “Pasos hacia la abolición de la prostitución: ¿Vamos a seguir tolerando esta esclavitud?” (Passi verso l’abolizione della prostituzione: continuiamo a tollerare questa schiavitù?”) del 25 settembre 2020 ha partecipato Claudia Quintero, femminista abolizionista colombiana che da anni chiede ai governi e alle istituzioni colombiane e internazionali, attraverso il suo instancabile lavoro come attivista femminista a favore dell’abolizione della schiavitù sessuale e della libertà, di adottare misure concrete contro le violenze sessuali commesse nei confronti delle donne durante i conflitti armati.
Vittima lei stessa di stupro e riduzione in schiavitù durante il conflitto armato colombiano, un conflitto che dura ormai da 65 anni, grazie al sostegno di tante donne che non militavano nel femminismo e che, malgrado ciò, l’hanno aiutata ad alimentarsi, vestirsi, a trovare un lavoro, un’istruzione, è riuscita diplomarsi e a trovare un lavoro il cui stipendio investe interamente in percorsi di uscita per le donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale.
Questa situazione l’ha spinta a diventare leader per i diritti civili e per le donne di tutte le etnie che a causa della guerra, la povertà e l’emarginazione, sono ridotte in schiavitù, subiscono evacuazioni forzate e vengono trasferite dalle autorità statali nelle metropoli sudamericane o europee per poi essere vendute ai bordelli delle città. Un mondo, quello della schiavitù sessuale dice Claudia, pieno di bugie in cui gli uomini hanno il diritto di usare il corpo delle donne in cambio di denaro. Le donne colombiane trasformate in schiave sessuali non hanno scelto di prostituirsi come non hanno scelto di certo che i loro figli divenissero paramilitari o guerriglieri.
Claudia è riuscita a ottenere una sentenza penale contro l’uomo che l’ha ridotta in schiavitù, un trafficante del Clan del Golfo, la più grossa organizzazione criminale del paese, un uomo coinvolto in 30 mila sparizioni, abusi sessuali e violenze e che le ha chiesto scusa con le mani giunte di fronte alla Corte Penale e che lei ha perdonato perché si è resa conto che era un uomo sbagliato. Ciò che non riesce a perdonare però, è la società opportunista, le istituzioni false come la Procura che sentenzia che le donne non sono vittime di tratta ma lavoratrici del sesso o le stesse femministe che le hanno sempre detto che prostituirsi è un lavoro e che doveva viverlo con dignità.
Nell’ambito del Seminario dedicato alle proposte per l’adozione del Modello Nordico e l’abolizione della schiavitù sessuale in Spagna, Claudia Quintero chiarisce alcuni punti che un’eventuale legge contro la tratta e la prostituzione in Spagna, come in altri paesi europei, dovrebbe prendere in considerazione.
Le donne latinoamericane spesso emigrano in Europa perché sono obbligate a farlo, per motivi interni (guerra, sono rifugiate interne), sono vittime di tratta, vittime economiche, o di paesi i cui regimi politici mettono in pericolo la loro libertà e dignità individuali. Lo stato spagnolo deve, prima di tutto, presupporre le condizioni di prostituzione e schiavitù sessuale delle donne latinoamericane presenti sul territorio nazionale; questo non significa stigmatizzarle e pensare che siano tutte prostituite ma significa credere nell’esperienza che vivono e raccontano le donne latinoamericane che emigrano in situazioni di vulnerabilità economica e psicologica. In quest’ottica, la quota degli stanziamenti per le persone rifugiate potrebbe essere ampliata e prevista anche per le donne che si trovano in prostituzione.
Inoltre, bisogna far sì che le donne vittime di tratta acquisiscano empowerment politico coinvolgendole direttamente nella costruzione delle politiche pubbliche rivolte alle donne migranti. Nonostante l’incessante stato di allarme in cui i leader sociali vengono costantemente assassinati in Colombia, in questo paese le donne vittime del conflitto hanno ottenuto diverse cose, un processo di empowerment politico, hanno istituito comitati che tutelano i propri diritti perché lo Stato, di fatto, ignora le situazioni che le donne vivono sulla propria pelle.
In terzo luogo, la cooperazione internazionale spagnola deve rigorosamente appoggiare ONG e associazioni abolizioniste o che lavorano per i diritti umani che non siano le reti di tratta, che ricevono i soldi dei contribuenti spagnoli e nelle cui mani vanno a finire le donne colombiane per essere sfruttate nel mercato del sesso. Il governo spagnolo ha dato talmente tanti soldi alla Colombia nell’ambito della cooperazione internazionale che questi soldi sono poi finiti puntualmente nelle mani delle organizzazioni criminali che vendono le donne colombiane nei bordelli facendole emigrare forzatamente in Spagna.
In quarto luogo, bisogna promuovere percorsi di uscita efficaci e risanamento completo del trauma. Ma bisogna indagare a livello scientifico sul disturbo post traumatico da stress che subiscono le vittime di tratta affinché le donne possano ricevere questo servizio importantissimo all’interno della medesima legge sulla tratta e l’abolizione della prostituzione.
Infine, bisogna costruire politiche pubbliche globali di turismo responsabile. Non è possibile fare una legge in Spagna senza poi evitare che i turisti spagnoli vengano in Colombia a stuprare bambini e bambine. Il turismo sessuale non esiste. Esiste un turismo criminale. Bisogna mettere l’attenzione sul turismo responsabile; poiché come succede nell’industria pornografica, i bambini e le bambine colombiane e sudamericani sono i più sfruttati nel commercio sessuale e la Spagna è uno dei paesi che maggiormente acquistano servizi sessuali in questi paesi.
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