Amelia Tiganus sopravvissuta e attivista: il bordello è un campo di concentramento
Ringraziamo l’amica attivista, giornalista scrittrice Julie Bindel per averci autorizzato a tradurre questa bellissima intervista ad Amelia Tiganus sopravvissuta e attivista che ci racconta l’orrore dell’industria del sesso spagnola. Amelia proviene dalla Romania un paese che è diventato il fornitore per l’intera Europa di donne da prostituire nei bordelli. La sua storia come per molte altre sopravvissute è segnata dalla violenza sessuale da minorenne, dall’isolamento e lo stigma di una società che la emarginava i e poi la rivittimizzazione a causa della violenza sessuale subita. Amelia è considerata una “puttana” dalla società fortemente patriarcale in cui vive che la consegna direttamente nelle mani dei suoi trafficanti. Dal suo racconto emerge la realtà contemporanea della tratta, lontana dallo stereotipo della pistola puntata alla testa: i trafficanti oggi usano la violenza psicologica, manipolano le loro vittime più che picchiarle brutalmente. Sono anche consapevoli che dopo le campagne mediatiche e l’informazione pubblica sulla violenza della tratta una certa clientela ipocrita non vorrebbe comprare un “oggetto rovinato” dalle botte , ma preferisce la farsa della “puttana felice”, pretende un finto rapporto pseudo-sentimentale che non è altro, ci spiega Amelia, l’ennesima dimostrazione di sadismo. Certi clienti non si accontentano di stuprare il corpo, ma vogliono il controllo della mente, dei sentimenti, dell’intera persona e in questo modo la tortura è ancora più insopportabile. Perché se la donna comprata sbaglia a recitare la parte ecco che il cliente esplode e la finta “fidanzata” diventa la “lurida puttana”. I trafficanti per tenere schiave le donne che sfruttano le incatenano all’idea promossa dei media e dalla società misogina che “lavorare” come “puttana” ti permette di guadagnare molti soldi in poco tempo e in questo modo diventare indipendente, poter realizzare i propri sogni. La realtà però è completamente diversa come ci racconta Amelia. Le donne non sono sfruttate solo dai trafficanti e i proprietari di bordello che trattengono quasi tutto quello che le donne guadagnano, ma addirittura devono pagare cifre esorbitanti per affittare le stanze dove sono stuprate dai clienti (e dove sono costrette a vivere e passare la maggior parte del tempo come schiave) per i vestiti costosi, il cibo pessimo e perfino le droghe da offrire ai clienti. L’intera società spagnola trae profitto dallo sfruttamento delle più vulnerabili: da indagini recenti è emerso che una parte consistente del PIL spagnolo deriva dalla tratta delle donne come Amelia. Una schiavitù non solo considerata normale con i trafficanti che restano impuniti, ma anche promossa come “lavoro”,”carriera” redditizia per le donne. Ma nei bordelli le donne sono costrette a incontrare i clienti dalle 5 del pomeriggio fino alle 5 di mattina, recluse nel bordello senza una vita propria, né un’identità, né un futuro. Costrette in Spagna come in Germania ad accettare qualsiasi pratica sessuale sadica e disumana pur di pagare il debito. Amelia è riuscita a scappare dall’inferno dopo aver capito di essere stata ingannata, dopo anni di sofferenza ha riconquistato la libertà e adesso è un’attivista che tiene conferenze su tratta e prostituzione. Sta lavorando ad un censimento sui femminicidi di donne prostituite, una strage silenziosa che continua nell’indifferenza della società. Amelia si batte insieme ad altre sopravvissute nel mondo per l’adozione del modello nordico, l’unico in grado di proteggere i diritti umani delle donne e le bambine. Aiutateci a contrastare i tentativi di alcuni politici di riaprire i bordelli in Italia! Le sopravvissute devono essere ascoltate!! Firmate il nostro comunicato per mettere fine a tratta e sfruttamento sessuale!
Traduzione dall’inglese di Chiara C.
Amelia Tiganus è una sopravvissuta alla prostituzione originaria della Romania. E’ stata prostituita in Spagna dove vive attualmente. Tiganus è impegnata in una campagna per mettere fine al mercato del sesso, dal 2015 lavora con Feminicidio come coordinatrice della piattaforma online e sviluppa progetti per la prevenzione e far crescere la consapevolezza sulla prostituzione, la tratta e altre forme di violenza contro le donne. Attualmente sta raccogliendo dati sul numero di donne prostituite uccise in Spagna.
Tiganus ha pubblicato vari articoli sullo sfruttamento sessuale delle donne e le bambine. Negli ultimi due anni è intervenuta in più di 100 conferenze e workshop in Spagna e Argentina. Ho parlato con Tiganus della sua storia come vittima di tratta e degli abusi che ha subito nei bordelli statali, della sua vita e il suo attivismo una volta uscita dalla prostituzione. Qui trovate la sua storia.
“Quando avevo 17 anni, sono stata venduta da un pappone rumeno ad un pappone spagnolo per 300 sterline [circa $350]. Ma il debito totale che dovevo al mio nuovo pappone mi è stato detto era di 3000 sterline dopo che lui mi aveva comprata, aveva pagato per il mio viaggio, i documenti, i vestiti e la “sistemazione” che mi avevano trovato. Come molte ragazze rumene ero totalmente vulnerabile, non solo a causa della povertà, ma anche per l’esclusione sociale e per lo stigma che mi portavo dietro per essere stata vittima di una molteplicità di stupri quando avevo 13 anni. Ho lasciato la scuola a 14 anni e a 16 ho lasciato la mia famiglia e ho cominciato a lavorare in fabbrica. La società nella quale sono cresciuta era profondamente patriarcale, per loro ero già un rifiuto umano, una donnaccia.
Quando i papponi mi hanno catturata, mi hanno parlato dei vantaggi dell’essere una prostituta in Spagna. Mi hanno detto che avrei guadagnato una fortuna in poco tempo. Non avevo idea che quello che mi aspettava non aveva niente a che fare con quello che mi avevano descritto.
Crollo psicologico
E’ stato davvero molto facile ingannarmi dal momento che mi avevano già privata della mia umanità chiamandomi “puttana”, abusando di me sessualmente. I papponi erano manipolatori esperti che sapevano abusarmi psicologicamente. La peggiore punizione di solito non è fisica. Non mi hanno mai puntato una pistola alla testa o minacciato di mettermi in catene- mi hanno distrutta psicologicamente ed è così che sono diventata una vittima.
Come altre sopravvissute alla prostituzione definisco il bordello un campo di concentramento. Durante il giorno siamo costrette a dormire in un regime di stretto controllo. Ci si aspetta che siamo carine e sorridenti, perchè questo consente al luogo e al pappone di mantenere una buona reputazione. Dobbiamo recitare la parte tutto il tempo, e dobbiamo fare quello che i clienti ci chiedono, dobbiamo vestirci come vogliono loro o assumere un altro nome. Dobbiamo dormire nello stesso letto dove veniamo torturate sessualmente dai clienti.
I papponi sanno che i clienti spagnoli vogliono la “merce” in buone condizioni e ovviamente senza segni di violenze. Vogliono le “puttane felici” perchè grazie alle campagna di informazione mediatica che mette direttamente in relazione la tratta con la violenza fisica, i compratori non vogliono sentirsi complici della mafia che sfrutta le donne. Ma i clienti comunque non vogliono rinunciare al privilegio di poter aver accesso ai corpi delle donne per il sesso. E quindi preferiscono ingannare se stessi con la complicità delle istituzioni, dei media, della classe politica e della società in generale nel credere che le prostitute dentro i bordelli siano felici e si trovino là per scelta.
Quando sono stata portata nel primo bordello ad Alicante, una grossa zona turistica, sono rimasta meravigliata di come il posto fosse pieno di ragazze che venivano dalla mia città natale. Ero anche sorpresa di come fossero costrette ai turni infiniti di 12 ore di sfruttamento. Tra l’ora di apertura alle cinque del pomeriggio fino all’ora di chiusura alle cinque di mattina non c’era nessuna possibilità di riposarsi e questo accadeva 7 giorni a settimana. Se smettevi di lavorare, venivamo multate e questo si aggiungeva al nostro debito.
I papponi ci dissero che una volta finito di pagare il debito avrebbero comunque trattenuto il 50% del nostro guadagno. Ci dissero che non dovevamo lamentarci perché avremmo guadagnato un sacco di soldi in poco tempo e poi avremmo potuto lasciare in breve tempo. Dopo 3 settimane che mi trovavo là mi resi conto che non sarebbe mai successo una volta pagato il debito.
Nella prostituzione tutto è organizzato per togliere soldi alle donne. A noi viene lasciato giusto quel poco da mandare alle nostre famiglie e che non desta sospetto. Venivamo multate e ci venivano fatte pagare cifre esorbitanti per l’affitto, il cibo e la pulizia nonostante dormissimo in stanze affollate e mangiassimo male. Ci venivano venduti vestiti costosi e make up e ci facevano comprare droghe da offrire ai clienti così da guadagnare più soldi.
Ci controllavano drogandoci appena possibile. Prima iniziavano con l’alcool, poi con la cocaina. Droghe e alcool sono sempre disponibili. All’inizio cercavano di spingerci ad usarle, ma poi li assecondavamo nel tentativo di fuggire mentalmente alla tortura che vivevamo. Eravamo disposte a sopportare la crudeltà perché credevamo nella falsa promessa della libertà e dell’autonomia che i soldi ci avrebbero dato. Nel bordello perdi la tua identità: sei intercambiabile e usabile senza nessuna caratteristica individuale.
Gli uomini che comprano sesso
Dalla mia esperienza ho identificato tre tipi di clienti:
Il putero majo [“putero” è una parola usata comunemente dalle donne prostituite per intendere “compratore di sesso o “cliente” ] è quello che voleva parlare un sacco con me. Dovevo essere gentile con lui e sorridere, ascoltare e approvare, con amore e ammirazione. Per me quella situazione era tra le più folli. Non solo costringeva il mio corpo a stare lì, ma mi forzava anche mentalmente. Per me e per la maggioranza delle prostitute era una tortura. Questo tipo di cliente non solo vuole comprare un corpo, ma vuole anche l’anima, i sentimenti e l’affetto. Vogliono comprare quello che non può essere venduto. Non gli interessa auto-ingannarsi. Non riesco a descrivere il senso di impotenza e di rabbia che mi faceva provare. Lui pensava che avrei dovuto essergli grata perché secondo lui mi trattava bene. Questo cliente oscillava tra comportarsi da amorevole “fidanzato” a chiamarmi “lurida puttana” “bugiarda” e “imbrogliona” nei modi più violenti possibili quando non ero brava ad interpretare il ruolo per cui mi pagava.
Il macho putero arrivava dritto al punto. Pagava, penetrava e se ne andava. Almeno in quel modo potevo essere mentalmente dove volevo. Per quel tipo di cliente le puttane sono soli buchi da penetrare. Non gli interessa cosa pensiamo. Dobbiamo fingere per lui come nei film: sospirare, sorridere, e fingere che stiamo partecipando. Poi se ne va e siamo lasciate con i nostri corpi violati e sofferenti. In più di un’occasione questo tipo di cliente propone al bordello un pacchetto in cui lui con un amico fanno sesso di gruppo con una donna sola. Il più delle volte ottengono quello che hanno chiesto perché le donne devono pagare il debito con il pappone e sono costrette ad obbedire ed accettare le pratiche più brutali.
Se i papponi non ci ammazzano, il terzo tipo di cliente lo fa: il ”putero misogino” La tortura fisica e mentale che questo sadico mette in atto è difficile da descrivere. Veniamo morse, schiacciate, picchiate, insultate, umiliate, ridotte a nulla. Maggiore dolore, umiliazione e paura infliggono e più gli piace.
I clienti sono machi che pensano che le donne esistano per soddisfare i loro desideri. Sono politici, giudici, poliziotti, procuratori, giornalisti, sindacalisti, operai, uomini d’affari, dottori, insegnanti, atleti, sposati, single, giovani e vecchi. Provengono da tutte le classi sociali. Non esiste un luogo dove questi uomini si sentano più uniti che nel bordello.
Inseguire i soldi
Sono rimasta intrappolata nel sistema prostituente per 5 anni. I soldi che guadagnavo venivano presi dai papponi e questi soldi andavano a vantaggio dei comuni, l’erario, la procura. Alla fine i soldi che provengono dal sistema prostituente vanno a incrementare l’economia dello stato. Soldi fatti letteralmente sulle spalle delle donne.
Per questo parlo di “sistema prostituente”. E’ la “comunità” in cui viviamo. E’ lo stato e le sue istituzioni che permettono questo, perché comporta dei vantaggi in termini economici per il paese – non dimentichiamo che la Romania è per l’Unione Europea un importante fornitore di donne da sfruttare sessualmente.
Ogni volta che una donna prostituita esce, almeno 3 nuove donne sono costrette nei bordelli. Le puttane sono “create” su scala industriale perché il mercato del sesso ne ha bisogno. I papponi investono soldi per far credere alle donne giovani che la loro migliore opportunità sia diventare una puttana.
La Spagna è diventata di recente il paradiso dei turisti sessuali. Qui puoi trovare facilmente qualsiasi tipo di prostituzione: di strada, bordelli, appartamenti privati, annunci in rete. E’ un paradiso sicuro per i clienti di tutto il mondo. Nel 2017, 82 milioni di turisti hanno visitato la Spagna e hanno dato un contributo significativo all’economia. Molti di quei soldi derivano dalla tratta e dalla prostituzione. Il Turismo sessuale alimenta e sostiene la tratta. Le isole Baleari, le isole Canarie e la Catalogna per esempio sono mete di turismo sessuale. Gli introiti derivanti da prostituzione e tratta sono parte del prodotto interno lordo
Contare le donne uccise e scomparse
Nel database di Feminicidio.net, abbiamo documentato 42 femminicidi di donne prostituite tra il 2010 e il 2018, escludendo quelle che sono scomparse nel momento in cui sono state trafficate.
Io sono sopravvissuta e posso raccontare la mia storia, ma immaginate tutte quelle che non possono parlare — quelle che sono morte per una dipendenza da stupefacenti, per gli abusi e le torture; quelle che sono state uccise… le vittime di femminicidio prostituite sono le vittime dimenticate della violenza maschile. Vengono viste come donne usa e getta. Vengono uccise brutalmente, i loro corpi a pezzi sono spesso trovati nei campi, nei container o nei sacchetti della spazzatura. Nonostante siano crimini sessuali non vengono riconosciuti come tali dalla legge o dalle persone.
In Spagna, c’è un dibattito vivo e azioni intraprese dalle femministe sugli stupri di gruppo e gli abusi sulle donne che è una cosa buona. La percezione sociale sta cambiando. Nonostante questo, la violenza sessuale perpetrata nei bordelli non sembra interessare più di tanto. La doppia morale è ancora viva con il mito delle donne “buone” e quelle “cattive” – le donne che sono importanti e quelle che non lo sono. Questo rinforza la disuguaglianza tra uomini e donne e rende la nostra liberazione impossibile.
La Spagna è il terzo paese che consuma più prostituzione al mondo dopo la Tailandia e Puerto Rico. In Spagna l’industria del sesso è diffusa e normalizzata. La prostituzione non è un crimine, ma allo stesso tempo non è regolata come lavoro. Comunque lo sfruttamento della prostituzione altrui è un crimine nonostante sia perseguito solo raramente.
Inoltre la Spagna è diventata un polo di attrazione per gli immigrati negli ultimi anni. Le politiche migratorie razziste hanno aiutato i trafficanti perché offrono aiuto a chi ha bisogno di attraversare le frontiere illegalmente. Diventano spesso trafficanti di giovani donne.
Molti migranti sono intrappolati dai trafficanti e sfruttati in Spagna con la forza. I trafficanti si approfittano delle donne povere che finiscono per contrarre un debito che le incatena.
Come si combatte il mercato del sesso?
Su Feminicidio.net abbiamo una serie di proposte per combattere la tratta e lo sfruttamento sessuale:
- Chiediamo l’adozione di una legge complessiva contro la tratta basata su tre elementi: l’identificazione delle vittime, protezione e recupero.
- Proponiamo una riforma del codice penale che comprenda la criminalizzazione, l’introduzione dei reati di rufianismo [favoreggiamento], localia terceria [sfruttamento di terze parti] e proxenetismo noncoercitivo [sfruttamento non-coercitivo], perché se lo sfruttamento sessuale nei bordelli non fosse consentito molti esperti dicono si sradicherebbe il 90 per cento della tratta.
- Corsi per aumentare la consapevolezza e la prevenzione della tratta e la prostituzione dovrebbero essere parte del curriculum scolastico
- I media dovrebbero garantire la stessa copertura sui femminicidi che avvengono nella prostituzione rispetto ad altri tipi di femminicidi, così che vengano riconosciuti nelle statistiche ufficiali. Vogliamo che i casi di tratta e prostituzione siano considerati da una prospettiva di difesa dei diritti umani in modo da evitare false rappresentazioni, manipolazioni della realtà, morbosità, sensazionalismo nel trattamento delle informazioni. Vogliamo sviluppare campagne dirette ai consumatori di prostituzione e alle persone giovani per scoraggiarle e informarle sui rischi del consumo di prostituzione.
Il nostro nuovo progetto, “Geografia della violenza sessuale” documenta i diversi tipi di violenza sessuale. Esiste un legame tra violenza sessuale, prostituzione e pornografia.
- Lo sviluppo di corsi di formazione per la polizia è urgente e c’è bisogno di un approccio multidisciplinare dalla psicologia clinica all’antropologia, sociologia e criminologia.
Il movimento femminista è in debito con le vittime di femminicidio nel sistema prostituente che hanno dimostrato come il risultato finale possa essere la perdita di una vita umana. Dobbiamo trovare un modo per raggiungere un obiettivo comune e contrastare tutto questo individuando la radice del problema che significa ovviamente criminalizzare i clienti.
Politiche pubbliche e sostengo pubblico per le donne prostituite
Sostengo pienamente il Modello Nordico. Lo sostengo come donna, come femminista e come sopravvissuta alla prostituzione e alla tratta e come membro di una NGO abolizionista, La Sur. A Feminicidio.net, abbiamo compreso come non sia possibile raggiungere una vera parità quando esistono ancora paesi che sfruttano sessualmente le donne; mentre gli uomini possono, pagando, avere accesso ai corpi delle donne e mentre fanno soldi sfruttando la nostra sessualità e capacità riproduttiva.
E’ necessario mettere in atto provvedimenti politici che vadano al di là di aiuti economici per donne che scappano dalla tratta e dalla prostituzione. Come sopravvissuta so bene che abbiamo bisogno di molte più cose dei soldi. Le donne che sono state prostituite hanno bisogno di supporto psicologico, formazione e aiuto per inserirsi nel mercato del lavoro e diventare economicamente indipendenti. Spesso lo sradicamento, la solitudine e lo stigma di essere state prostituite significa che abbiamo bisogno che l’intera società ci accolga come siamo. Siamo sopravvissute coraggiose di un sistema creato per schiavizzarci e deumanizzarci. Ci meritiamo di vivere una vita libera dalla violenza patriarcale.
Sono riuscita ad uscire dal sistema prostituente dopo 5 anni quando ho capito di essere stata ingannata. Questa consapevolezza mi ha salvata e mi ha permesso di continuare a lottare per realizzare il mio sogno. Volevo vivere una vita tranquilla, avere una casa, crearmi una famiglia, studiare, essere “qualcuno” perché sono stata “nessuno” per troppo tempo.
Nei paesi dove il mercato del sesso è stato regolamentato la tratta è aumentata, i papponi sono diventati imprenditori e agli uomini arriva il messaggio che non ci sarà alcuna conseguenza per loro se pagano per penetrare il corpo di una donna. Allo stesso tempo la richiesta di pratiche sessuali sempre più brutali e degradanti è in aumento. Mi chiedo sempre come qualcuno non possa lottare perché le donne siano libere dalla prostituzione. Che tipo di mondo vogliamo lasciare alle nostre figlie?
Il futuro
Il movimento abolizionista è cresciuto perché ogni giorno ci sono sempre più donne (politiche, giudici, poliziotte, giornaliste, donne d’affari, operaie, studentesse) che capiscono che l’esistenza della prostituzione rende impossibile il raggiungimento della vera parità. Non sono più disposte ad accettare che le prostitute siano le “altre” perché siamo tutte donne.
Ci sono alcuni uomini che rifiutano di accettare quello che l’essere maschio imporrebbe loro. Come ha scritto Laura Segato nel libro “Contro-pedagogia della crudeltà”: “molti uomini oggi si ritirano dal patto corporativo, tracciando una strada che trasformerà la società”
Quello che la gente non vede è che la legalizzazione e la normalizzazione della prostituzione non oggettifica e deumanizza alcune donne, ma tutte le donne. Il fatto che gli uomini abbiano la possibilità tramite il denaro di accedere ai corpi delle donne rafforza l’abuso e l’umiliazione nei confronti delle altre donne, quelle della loro vita. Uno dei miti è che i clienti abbiano una vita normale, ma la verità è che i clienti sono stupratori e misogini anche quando sono a casa con le loro mogli e figlie.
Le abolizioniste vinceranno questa guerra. Questo è il motivo per cui prendiamo parola pubblicamente affrontando il rischio di combattere un’industria miliardaria perversa, potente, la cui missione è quella di servire gli uomini per il sesso. E’ una battaglia lunga e dura e forse molte di noi non saranno vive quando l’abolizione della prostituzione sarà raggiunta. Ma saremo orgogliose di sapere che abbiamo fatto parte di un movimento che ha creato un mondo senza prostituzione. Un mondo senza prostituzione dove la cura, il desiderio reciproco, il piacere condiviso, l’etica, l’amore, il riconoscimento, il rispetto, le pari opportunità occupino il centro della vita.