Amelia Tiganus: L’inganno della “libera scelta”

di Ilaria Maccaroni

Riassumiamo di seguito la terza parte della Conferenza ““La Prostitución: ocio y negocio masculino” (la Prostituzione: svago e business maschile) tenutasi il 23 ottobre del 2018, nell’ambito del Programma  Clara Campoamor, Scuola di Pensiero Femminista dell’Assessorato per la Parità e la Sicurezza del Municipio di Fuentelabrada (Comuniutà di Madrid, Spagna), in cui parla l’attivista femminista e vegana Amelia Tiganus.

La scoperta del Femminismo e dell’esistenza del patriarcato sono state per Amelia un’esperienza liberatoria e rivelatrice allo stesso tempo: da quel momento ha potuto liberarsi dal senso di colpa, perché si è resa finalmente conto che la sua storia personale era parte di un grande trama che getta nella prostituzione migliaia di donne in tutto il mondo ogni anno.

Successivamente, scopre il Protocollo di Palermo che, nell’art.3, ci spiega cos’è effettivamente la tratta a scopo di sfruttamento sessuale.

La definizione di tratta, per come è formulata in questo protocollo, fornisce argomentazioni rilevanti per poter affermare che la tratta e la prostituzione sono due fenomeni assolutamente indistricabili e che non esiste, per quanto la si voglia cercare, una differenza reale tra la tratta e la prostituzione autonoma o liberamente scelta.

Secondo il Protocollo, la “tratta” è il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’accoglienza di persone mediante l’impiego o la minaccia della forza o di altre forme di coercizione, il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o della posizione di vulnerabilità in cui si trova la vittima.

Il reato di tratta viene riconosciuto anche solo in presenza di una di queste azioni e anche solo di fronte all’intenzionalità di commettere l’atto, anche se questo non viene portato a termine a tutti gli effetti.

Il protocollo ci dice, inoltre, che se per ottenere il consenso della vittima si ricorre a qualunque metodo o mezzo citato nel presente protocollo, il consenso non verrà considerato come tale, perché si tratta ovviamente di un “consenso viziato”.

Le vittime di tratta generalmente diventano poi vittime di sfruttamento sessuale, ma non tutte le vittime di sfruttamento sessuale sono necessariamente vittime di tratta. E questo perché sono diversi i percorsi attraverso cui una donna accede alla prostituzione.

Non esiste soltanto la violenza fisica – le minacce e l’umiliazione che le donne subiscono in quanto vittime, ma anche una violenza costante che la società esercita quotidianamente sulle donne in quanto tali. Questa violenza è quella che induce le donne a “scegliere” di entrare nella prostituzione perché spesso vivono in situazioni di povertà e perché non hanno altre alternative.

Per cui non si può parlare di “libera scelta” perché nella stragrande maggioranza dei casi non ci sono le basi per poter esercitare questa scelta teoricamente libera e, inoltre, manca un’analisi specifica delle condizioni che vivono migliaia di donne nel mondo che entrano nel mercato del sesso e nella prostituzione ogni anno.

I trafficanti che dalla Romania hanno venduto Amelia Tiganus a un pappone spagnolo per 300 euro le dissero che avrebbe certamente potuto lavorare come prostituta in Spagna e lei accettò senza sapere come le sarebbe toccato vivere nei bordelli che lei stessa descrive come “veri e propri campi di concentramento”. E fu così che è stata prostituita, senza aver dovuto subire minacce, violenza o altre vessazioni simili. È così, tra l’altro, che i papponi e i trafficanti si trasformano nei salvatori, amici e amanti delle donne che vendono nel mercato del sesso, diventano in questo modo i loro “supremi protettori”.

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