Una prospettiva femminista e internazionale sulla pandemia
Ringraziamo le sorelle dell’European Network of Migrant Women per averci autorizzate a tradurre il loro articolo su femminismo e pandemia. In questo momento di emergenza globale come donne sentiamo un bisogno vitale di analizzare quello che sta accadendo a partire da una prospettiva femminista e internazionale. E’ importante denunciare quello che le donne stanno pagando a causa della pandemia, ma anche pensare alla prospettiva di un futuro diverso, che si opponga alla logica violenta del neoliberismo patriarcale. Abbiamo diviso l’articolo in due parti. In questa prima parte si denuncia la situazione di discriminazione e violenza che le donne e bambine rifugiate, le donne anziane, le donne impiegate nei lavori di cura e le donne vittime di violenza domestica stanno subendo a seguito dell’emergenza pandemia. Nella seconda parte che pubblicheremo nei prossimi giorni si affronta il tema di prostituzione e pornografia guardando al futuro perché una volta finita l’emergenza le donne unite siano pronte a sostenere un’alternativa femminista che metta fine alla violenza maschile.
Traduzione dall’inglese di Giulia C. e Chiara C.
A seguito della pandemia dovuta al Covid-19 e delle misure prese dai vari governi per prevenire la sua diffusione, la European Network of Migrant Women fornisce un’analisi di alcuni aspetti di questa crisi da una prospettiva femminista e internazionale.
DONNE E BAMBINE RICHIEDENTI ASILO NEL MEZZO DELLA PANDEMIA
Allo scoppiare della pandemia, il Centro Europeo per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (ECDC) ha pubblicato una serie di misure per “combattere il Covid-19”[1]. Praticamente nessuna di queste misure potrebbe essere messa in atto nei centri dove è ospitata la maggioranza dei rifugiati. Lavarsi di frequente le mani – una misura semplicissima ma impossibile da mettere in atto nei campi profughi, che per la maggioranza non sono forniti di sufficiente acqua pulita, di abbastanza bagni o sapone. L’ECDC consiglia di “rimanere a casa o in un luogo designato, in una stanza singola, appositamente dedicata, con adeguata ventilazione e preferibilmente un bagno privato”, di “evitare le folle”, di praticare “l’isolamento sociale”, tutte cose impossibili per i rifugiati, stipati insieme in stanze ben oltre il numero massimo di persone che queste potrebbero ospitare. Anche “procurarsi abbastanza viveri per 2-4 settimane” è impossibile per i rifugiati, che non hanno alcun reddito che gli permetta di procurarsi il necessario, né un posto per comprarlo o uno spazio per stiparlo. Né possono “attivare la loro rete sociale”, che potrebbe essere morta, dispersa o in un altro Paese.
Molte associazioni della società civile e il LIBE Committee del Parlamento Europeo[2] hanno già identificato le problematiche inerenti i rifugiati e i migranti in questa pandemia. Ma, per quanto una situazione del genere possa essere difficile per ogni rifugiato, per le donne e le bambine – che siano bloccate al confine tra Grecia e Turchia, nel sistema “direct provision” irlandese o negli hot-spot italiani – è oggettivamente peggio di quanto la maggioranza di noi possa immaginare. Già non hanno a disposizione spazi sicuri, divisi per sesso e che possano permettere loro di prendersi cura dei loro bisogni di base lontane dallo sguardo e dalle molestie maschili; non hanno privacy nemmeno per cambiare i loro assorbenti, per allattare i loro bambini o per fare la doccia, e sono già state soggette alla continuata violenza sessuale degli uomini, come stupri di gruppo e matrimonio forzati. Oltre a questo, ora le donne nei campi profughi dovranno anche occuparsi della cura dei malati, mitigando il rischio di infezione e fungendo da mediatrici dei conflitti e dei casi di violenza maschile che inevitabilmente scoppieranno nel mezzo della crisi.
DONNE ANZIANE
“Le segnalazioni di anziani abbandonati nelle case di cura o di cadaveri rinvenuti nelle residenze per anziani sono allarmanti. È inaccettabile”, ha affermato Rosa Kornfeld-Matte, esperta delle Nazioni Unite sui diritti umani delle persone anziane[3]. Si tratta di segnalazioni provenienti da Paesi europei. Finora abbiamo sentito dire che “sono SOLO gli anziani ad essere più a rischio”; che “SOLO per gli over 70 c’è un’alta percentuale di fatalità”; che molti sono morti, “MA erano soprattutto anziani”.
Tutte queste affermazioni hanno esposto un’inquietante, per quanto prevedibile, indifferenza per gli anziani. In una società come quella europea, sempre più anziana eppure ossessionata dalla giovinezza, dove tutto, dai media al movimento femminista, glamourizza “i giovani” e dove i giovani stessi sono indottrinati dalle ideologie liberiste della libera scelta e dell’empowerment individualistico, gli anziani sono arrivati a simbolizzare ciò che è “sgradito”, se non “sacrificabile”. Sebbene siano state messe in atto alcune iniziative come la consegna di viveri e beni di prima necessità presso le abitazioni degli anziani e dei più vulnerabili, si tratta di misure “extra” in quello che è un contesto di “sopravvivenza del più forte”. Ovvero delle persone in salute, di chi ha i mezzi per spostarsi e dei ricchi che assalgono i supermercati in preda al panico. oppure di coloro che, rassicurati dal messaggio che “sono SOLO gli anziani a morire di Covid-19”, continuano irresponsabilmente ad uscire.
Gli “anziani” sono però una categoria astratta, specialmente nell’Unione Europea, dove viene considerato “giovane” chiunque sia sotto i 35 anni. Le donne vivono più a lungo degli uomini[4], almeno in Europa, dove rappresentano il 55% degli over 60, il 64% degli over 80 e l’82% dei centenari[5]. Queste donne avranno vissuto più a lungo degli uomini, ma sono tra le più povere, hanno problemi di salute cronici e spesso vivono sole, dopo essersi prese cura per tutta la vita dei loro mariti ora defunti e delle loro famiglie. Dobbiamo supporre che siano loro che devono essere lasciate morire quando i dottori si trovano nella istituzione di dover dare priorità ai pazienti con più probabilità di sopravvivere[6], o ai pazienti che hanno dei parenti che possono prendersi cura di loro una volta lasciato il reparto di terapia intensiva[7]?
LA PANDEMIA DELLA VIOLENZA MASCHILE
Se c’è qualcosa che dobbiamo imparare dalla storia è che in tempi di crisi – qualsiasi tipo di crisi – c’è un rigurgito di violenza maschile. Nelle società moderne, dove la maggioranza dei casi di sparatorie di massa e di violenza tra gang sono commesse da uomini, dobbiamo essere consapevoli che questa pandemia può portare ad un’ondata di violenza commessa da uomini incapaci di gestire le conseguenze psicologiche, economiche e sociali della crisi. Chi di noi ha avuto esperienze di lavoro in zone di guerra o in aree sconvolte da disastri naturali, sa bene che il collasso di stabili strutture sociali può scatenare ondate di violenza maschile all’apparenza non collegate a questo collasso. Il primo obiettivo di questa violenza sono le donne.
Dal lavoro sulla migrazione sappiamo anche che le donne si adattano prima ai cambiamenti, mostrano maggiore resilienza e flessibilità e sono psicologicamente più preparate ad affrontare la perdita di status o reddito. Dopo tutto, tante di noi sono state addestrate fin dall’infanzia ad accettare il nostro status come parte del “secondo sesso”. Gli uomini, d’altro canto, sono spesso incapaci di accettare la perdita del controllo, il rifiuto o l’instabilità economica. La percentuale dei suicidi maschili in tutto il mondo, a confronto con quella femminile, ci dice proprio questo. Ai tempi di una crisi sanitaria come questa, con le sue inevitabili conseguenze psicologiche su larga scala, anche l’incapacità degli uomini di gestire queste conseguenze è su larga scala. E mentre molte donne e uomini sono chiusi a casa e il rischio di violenza domestica è reale, anche il rischio di reazioni maschiliste su larga scala è reale.
Molti gruppi femministi, così come il GREVIO Committee[8] e lo UN Special Rapporteur on Violence against Women[9], hanno sottolineato i rischi della quarantena per le donne. La casa è il posto in cui è più probabile che siano assalite sessualmente, picchiate e uccise dagli uomini. Considerando le statistiche in merito[10], ogni consiglio o suggerimento alle donne di rimanere a casa è problematico di per sé. La scelta brutale tra il contenere la nuova epidemia di Covid-19 e la vecchia epidemia della violenza maschile è chiara: se sei una donna, in un momento di crisi per la salute pubblica puoi anche subire violenza domestica.
Non è un’esagerazione: in Cina le ONG che si battono contro la violenza di genere riportano che i casi di violenza domestica hanno avuto un picco durante la quarantena, che nel 90% dei casi le cause degli episodi potevano essere collegate all’epidemia, e che i sistemi di supporto per le vittime si sono indeboliti[11]. Questa stessa situazione si ripete in Europa, dove in Paesi come la Francia, l’Italia e la Spagna il numero delle vittime della violenza maschile che cercano ma non ricevono aiuto è aumentato. Il 28 marzo la Gran Bretagna ha avuto il suo primo caso di femminicidio legato al coronavirus[12], commesso da un uomo che ha ucciso la moglie, in auto-isolamento domestico con lui. In questa situazione sono in particolare le donne migranti vittime di violenza a non avere nessuno a cui rivolgersi, in quanto sono numerose le barriere che le allontanano dalla giustizia, e molte di loro vivono nella paura di perdere il loro status legale di rifugiate. Finché non sarà chiarito che i loro diritti non saranno revocati nel caso in cui loro dovessero denunciare i loro aguzzini, le donne migranti continueranno a rimanere con i loro sfruttatori, nonostante il rischio di essere uccise da questi[13] sia più alto di quello di morire per il virus. Altre rischiano di essere costrette a prostituirsi nelle strade, dove saranno perseguite, diventeranno preda delle reti della criminalità organizzata o soffriranno malnutrizione e infezioni. E mentre alcuni Stati europei[14] stanno cercando di assicurare che tutti i loro residenti, a prescindere dal loro status, abbiano accesso al servizio sanitario nazionale e a forme di protezione e supporto economico, molti altri non hanno intenzione di fare lo stesso. Al contrario, alcuni Stati stanno considerando di togliere l’accesso al servizio sanitario ai migranti, con il pretesto razzista che sarebbero stati loro a portare il “virus straniero”[15].
LE DONNE IMPIEGATE NEL LAVORO DOMESTICO E DI CURA
La maggioranza del lavoro domestico, di cura e di pulizie – settori sottovalutati e sotto-finanziati che sono sempre i primi ad essere colpiti dalle misure di austerità – è svolto da donne. Ora queste donne vengono applaudite dai balconi, dai cittadini in isolamento nelle loro case, e a ragione. Ma forme di apprezzamento simboliche come gli applausi non cambiano la realtà materiale di queste donne. L’Europa continua ad importare forza lavoro a basso prezzo, e molte di queste lavoratrici sono migranti, provenienti sia da altri Paesi europei sia da Paesi extra-comunitari. Con o senza la pandemia, queste donne sono costrette a lavorare lunghi turni in condizioni precarie. Ora non possono rimanere a casa e prendersi cura di loro stesse. Devono invece andare a lavorare e prendersi cura degli altri in quanto sono loro la spina dorsale del sistema e senza di loro il sistema crollerebbe.
Molto è stato già detto dalle femministe in merito alla crisi del lavoro di cura, ora esposta agli occhi di tutti da questa epidemia, ma questa crisi è ancora più profonda per le donne che lavorano in questi settori e non hanno nessuna forma di protezione legale. In Spagna, all’inizio della crisi, le associazioni delle lavoratrici domestiche e di cura hanno denunciato il fenomeno delle collaboratrici domestiche che vivono a casa del loro datore di lavoro, il quale impedisce loro di uscire di casa. Al contrario dei lavoratori dipendenti, queste lavoratrici non hanno diritto ad un’assicurazione; le loro condizioni di lavoro non sono soggette ad alcuna forma di controllo da parte dell’ispettorato del lavoro; non hanno diritto alla pensione[16]. Queste donne non possono nemmeno svolgere il loro mestiere dalle proprie case, in tele-lavoro. Poco dopo queste denunce, il governo spagnolo ha annunciato le misure economiche che metterà in atto per aiutare parte della popolazione che sta subendo gli effetti economici del coronavirus. Tra queste misure non ce n’era nessuna che si occupasse dei bisogni delle più di 630.000 collaboratrici domestiche che lavorano in Spagna, molte delle quali non hanno documenti o lavorano in nero. Con pochissime eccezioni, anche le misure di supporto economico contro il coronavirus degli altri Stati europei non affrontano la situazione delle migliaia di collaboratrici domestiche che sono rimaste senza una fonte di reddito. Queste donne, così come tante altre lavoratrici irregolari, vanno incontro al rischio di trovarsi in pericolose situazioni di sfruttamento, come lo sfruttamento sessuale o lavorare senza protezione e in un ambiente abusivo.
[1]https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/leaflet-information-self-isolation-and-quarantine-after-exposure-covid-19
[2]https://www.europarl.europa.eu/resources/library/media/20200323RES75640/20200323RES75640.pdf
[3]https://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=25748&LangID=E
[4]https://www.who.int/gho/women_and_health/mortality/situation_trends_life_expectancy/en/
[5]http://www.silvereco.org/en/statistics/
[6]https://www.euronews.com/2020/03/12/coronavirus-italy-doctors-forced-to-prioritise-icu-care-for-patients-with-best-chance-of-s
[7]https://uk.reuters.com/article/us-health-coronavirus-italy-ethics-speci/special-report-all-is-well-in-italy-triage-and-lies-for-virus-patients-idUKKBN2133KG
[8]https://www.coe.int/en/web/istanbul-convention/-/for-many-women-and-children-the-home-is-not-a-safe-pla-1
[9]https://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=25749&LangID=E
[10]https://www.unodc.org/documents/data-and-analysis/GSH2018/GSH18_Gender-related_killing_of_women_and_girls.pdf
[11]https://www.sixthtone.com/news/1005253/domestic-violence-cases-surge-during-covid-19-epidemic
[12]https://metro.co.uk/2020/03/30/uks-first-coronavirus-murder-husband-arrested-death-wife-12477459/
[13]http://www.migrantwomennetwork.org/wp-content/uploads/FEMICIDE-2019-FINAL-.pdf
[14]https://uk.reuters.com/article/uk-health-coronavirus-portugal/portugal-to-treat-migrants-as-residents-during-coronavirus-crisis-idUKKBN21F0MC
[15]https://www.sandiegouniontribune.com/news/nation-world/story/2020-02-01/fears-of-new-virus-trigger-anti-china-sentiment-worldwide
[16]https://www.publico.es/economia/trabajadoras-del-hogar-denuncian-olvidadas.html?fbclid=IwAR0wvtZdUkyMcjc06AR7AwA4tSNjZAa07NVI2qn3cGisSdOq_8K8onPaoBo
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