Sabrina sopravvissuta alla prostituzione della Nuova Zelanda: la decriminalizzazione ha fallito, la soluzione è il Modello Nordico
Sabrina è una sopravvissuta alla prostituzione della Nuova Zelanda. Ha fatto parte del New Zealand Prostitutes Collective per 25 anni, ha seguito l’iter dell’approvazione del Prostitution Reform Act che ha depenalizzato completamente l’industria del sesso. Sabrina spiega come l’esperimento della depenalizzazione abbia fallito sotto tutti i punti di vista: lo stigma sulle persone prostituite non solo non è scomparso, ma a causa dell’assenza di programmi di uscita lasciare l’industria del sesso è impossibile. La depenalizzazione è stato un regalo per i papponi che continuano ad esercitare la loro violenza e hanno anche visto crescere in maniera esponenziale i loro profitti. Ma è anche un regalo per i compratori il cui diritto al sesso è protetto al di sopra di tutto: grazie alle tariffe ‘tutto compreso’ dei bordelli e centri massaggi possono sfruttare le donne a prezzi stracciati. Ogni genere di violenza (sesso non protetto, pratiche pericolose, stupri) passa così sotto silenzio perché il potere non è in mano alle donne e alla loro auto-determinazione, ma ai papponi che le sfruttano. La sua testimonianza è contenuta nel libro “Prostitution Narratives” a cura delle nostra amiche attiviste e ricercatrici Melinda Tankard Reist e Caroline Norma. Sabrina ha parlato durante la conferenza “The World’s Oldest Oppression” che si è tenuta a Melbourne il 9-10 aprile 2016 dove sono intervenute le nostre amiche sopravvissute e attiviste Simone Andrea australiana e Rachel Moran di SPACE international. Ci uniamo al suo appello e a quello di tutte le sopravvissute perché come spiega Sabrina il Modello Nordico è l’unico che riconosce gli abusi di un’industria che è intrinsecamente violenta, che sfrutta e butta via le persone prostituite, che viola in ogni modo i loro diritti.
Traduzione dall’inglese di Chiara C.
Ciao, mi chiamo Sabrina. Sono di Melbourne ma mi sono trasferita in Nuova Zelanda quando avevo 14 anni quindi la maggior parte del mio discorso sarà incentrato sulla Nuova Zelanda. Ho lavorato per molto tempo e dappertutto: sulla strada, centri massaggi, bar, hotel, agenzie di escort, bordelli e in tanti luoghi diversi; Auckland, Wellington, Christchurch e la costa occidentale di South Island, Brisbane e Sydney, mai a Melbourne. Ho anche fatto la volontaria per il New Zealand Prostitutes Collective (NZPC) per più di 25 anni in un periodo di tempo che va da prima a dopo la redazione del Prostitution Reform Bill che è poi diventato legge come Prostitution Reform Act nel 2003. Nel periodo in cui facevo parte del NZPC ho partecipato al processo di consultazione per la scrittura del Prostitution Reform Act.
Quando c’era ancora il proibizionismo, i centri massaggi affittavano le stanze con massaggio incluso per cui le donne non erano pagate. Le donne dovevano contrattare da sole su quanto essere pagate. Il favoreggiamento era la parte illegale della transazione e venivano usati vari giri di parole per aggirare le leggi sul favoreggiamento. Queste leggi sul favoreggiamento erano applicate solo sulle persone prostituite e non sui clienti. Sulle strade raramente c’erano papponi in Nuova Zelanda. Le donne chiedevano soldi autonomamente e usavano giri di parole per aggirare le leggi sul favoreggiamento. Le agenzie di escort vendevano servizi tutto compreso che semplicemente dichiaravano cose generiche per attirare come accompagnamento per un appuntamento, compagnia e la realizzazione di una fantasia come la Fidanzata, la sorella della moglie, figlia, ecc. Nessun servizio sessuale era incluso. Le donne venivano pagate una piccola percentuale e poi contrattavano gli extra. La violenza della polizia era massiccia, usavano la minaccia dell’incriminazione. Le donne offrivano sesso e soldi per essere lasciate libere. La frequenza di questi episodi era tra il settimanale e il mensile. Esistevano dei confini chiari sulle pratiche sessuali sicure che erano stabilite dalle lavoratrici. Il bacio era un no assoluto. L’assenza di preservativo era considerato inaccettabile e veniva usato il preservativo anche per il sesso orale. Le lavoratrici/tori che violavano queste pratiche erano escluse dal mercato.
La depenalizzazione totale del mercato ha cambiato tutto. I centri massaggi sono diventati bordelli e hanno fissato i prezzi secondo la formula del “tutto compreso”. Hanno lasciato le ragazze a dover gestire gli uomini che si aspettavano sesso non protetto, sesso anale, sesso appassionato ecc. “Tutto compreso” ovviamente non significava veramente tutto compreso, ma è quello che i clienti si aspettavano. Se prima gli uomini pagano per ogni singola prestazione adesso potevano fare tutto il sesso che volevano nel lasso di tempo prenotato. Vorrei far notare che vent’anni fa venivo pagata di più delle donne che si trovano adesso nella prostituzione. L’inflazione è esplosa durante questi anni e così un dollaro di allora e un dolloro di adesso non sono neanche paragonabili. Questo è stato il risultato di aver dato potere ai papponi. Sono di solito uomini e si preoccupano solo di difendere gli interessi di altri uomini. Le aspettative di cui parlavo sopra a proposito del “tutto compreso” sono diventate routine. Ho potuto toccare con mano la differenza: adesso il sesso non protetto è normale, viene comprato per lo stesso prezzo. Più sei disposta a fare e più lavori e più fai soldi, ma anche se adesso molto meno in termini di potere d’acquisto rispetto a quando le pratiche sessuali sicure erano un assoluto.
La violenza della polizia si è fermata, sebbene la disponibilità ad aiutare dipende molto dal singolo individuo. Ho anche visto delle statistiche che dimostrano che le donne non sono nè più nè meno inclini a denunciare alla polizia. In altre parole: non c’è stato alcun cambiamento per quanto riguarda le denunce fatte alla polizia per violenze subite da quando è in vigore la depenalizzazione. In uno dei luoghi dove lavoravo c’era un gruppo misterioso di ragazze Thailandesi che erano arrivate al bordello, nessuna di loro parlava inglese. Nessuna di loro è mai uscita dal bordello per un qualsiasi motivo e tutte dovevano chiedere cibo, assorbenti, sigarette e qualsiasi altro genere di spesa. Queste cose venivano comprate per loro. Non sono cieca a tal punto da pensare che fossero venute in vacanza. Sembravano vittime di tratta anche se non ho le prove.
Originariamente l’obiettivo della depenalizzazione era quello di dare il potere nelle mani delle donne. Volevamo la depenalizzazione di tutte le parti terze coinvolte nella prostituzione con il consenso delle persone prostituite e la penalizzazione delle parti terze che non avevano questo consenso.
Questa distinzione si è rivelata troppo difficile perchè non è chiaro che cosa separa un proprietario di bordello da uno sfruttatore. Adesso sono certa che un proprietario di bordello è un pappone. Inoltre che cosa sarebbe lo ‘staff per la sicurezza’ se non qualcuno che “vive sulle spalle di qualcun’altro”. Queste parole sono diventate un grosso tabù. Nel modello Nordico è importante che queste parole siano usate e che siano previste le eccezioni ovvero affittare una proprietà, crescere bambini, accudire le persone anziane ecc. perché “il vivere sulle spalle” della persona prostituita può essere applicato letteralmente ad ogni persona che accetta soldi, per qualsiasi ragione da una persona che ottiene i soldi con la prostituzione. Per questo motivo evitare queste parole, non nominare lo sfruttamento è quello che permette ai papponi di essere al sicuro e depenalizzati. La difficoltà più grossa sono i partner sposati o meno. Un partner può essere giudicato come un favoreggiatore semplicemente per il fatto di vivere con una persona prostituita. Come sappiamo la tattica del fidanzato plagiatore ( il “lover boy”) che induce alla prostituzione è un caso molto conosciuto e molto diffuso.
Come distinguere un pappone che induce una donna alla prostituzione dal suo partner è una cosa che richiede attenzione e analisi attenta nella scrittura di qualsiasi legge che segua il modello nordico. Quando il “vivere sulle spalle di un altro”, il favoreggiamento, è stato rimosso dalla legge l’obiettivo non era quello di rendere la vita facile ai papponi. Era quello di proteggere le donne dalla possibilità che i servizi sociali gli togliessero la custodia dei figli, per proteggere i genitori anziani dall’essere criminalizzati mentre si trovavano nelle case di riposo ecc. Il modello nordico deve anche considerare questi aspetti. Per fortuna queste parole possono essere recuperate con eccezioni che possono essere nominate con chiarezza.
Non esiste più il problema aggiuntivo di proteggere i proprietari di centri massaggi/ bordelli e agenzie di escort come fa la lobby dell’industria del sesso.
Quando il Prostitution Reform Act è stato approvato era stato stabilito che la legge in ogni caso non sarebbe stata sottoposta a verifica per un periodo di dieci anni. Alla fine del periodo di dieci anni sarebbe stata sottoposta a verifica per vedere se aveva funzionato o meno con controlli regolari e statistiche che erano state raccolte durante la decade. La pressione ad assicurare che la legge funzionasse era enorme perché l’unica alternativa possibile era il ritorno alla criminalizzazione totale. In Nuova Zelanda non c’è stata nessuna grande opposizione alla depenalizzazione oltre a quelli che volevano mantenere il proibizionismo.
Questo ha comportato che ogni problema che si verificava doveva essere affrontato dalle agenzie di supporto che applicavano la nuova legge. Significava anche che qualsiasi enorme irrisolvibile problema doveva essere minimizzato o nascosto. Così il problema delle trattative per il sesso non sicuro di cui sono stata testimone e che ci si aspettava che praticassi e contro le quali ho protestato e combattuto non è mai stata preso in considerazione. Tutti sapevamo quello che stava accadendo, ma nessuno ne ha mai parlato. A torto o ragione questa era una situazione senza uscita per le persone nell’industria e tutte le agenzie di supporto.
Il modello della riduzione del danno è stato e rimane la base della legge in Nuova Zelanda. La prima cosa che deve essere presa in considerazione è che il nome stesso automaticamente ammette che il danno è intrinseco all’industria.
Questa è un tema sul quale tutte le posizioni nel dibattito concordano: esiste un danno intrinseco ed inevitabile nell’industria che può al massimo essere ridotto, ma non eliminato.
Il modello nordico è l’unico modello che criminalizza il cliente. Io credo che questa sia la ragione principale dell’opposizione. Chi criminalizza? Uomini, uomini di mezza età, politici, mariti, figli, padri, zii, vicini, uomini con la fedina penale pulita o uomini già criminali ecc. L’abitudine di usare le donne per la propria soddisfazione sessuale è talmente considerata normale dalla società che molte persone hanno seri problemi nel considerare questa legge nient’altro che un attacco agli uomini e alla sessualità maschile. Quello che è reso invisibile sono le donne. Le persone prostituite la maggioranza delle quali sono donne e raramente, se mai, ci si riferisce a loro come donne. Di solito si chiamano sex workers, prostitute, puttane, passeggiatrici, escorts, lucciole, mignotte e altri nomi; tutti con lo scopo di rendere ‘altro’ le donne in questa industria. Non sono come te, i tuoi amici, la tua famiglia, le persone che conosci. Ma di fatto lo siamo. In questo senso le donne diventano invisibili e sono sostituite da un ‘oggetto’. La puttana come oggetto. La sex worker come oggetto e così via.
Le statistiche dimostrano che le donne che sono state abusate soffrono di maggiori problemi ginecologici come l’endometriosi, fibromi, cancro all’utero, gravidanze extra-uterine, cancro al seno, cancro alla cervice ecc Noi sappiamo che l’abuso aumenta il rischio, ma non sappiamo VERAMENTE perchè. Sappiamo che la quantità di sesso non fa nessuna differenza. La differenza risiede invece specificatamente nell’abuso. Si tratta di un campo piuttosto recente della psicologia ma si tratta di un settore molto significativo sopratutto per quanto riguarda la prostituzione.
Di nuovo, non è la quantità di rapporti sessuali su cui ci dobbiamo concentrare, ma l’abuso che esiste nell’industria. Si tratta di vero abuso. Ed è anche un abuso invisibile. I problemi a lungo termine raramente vengono presi in considerazione dal modello della riduzione del danno perché i danni a lungo termine spesso compaiono, o vengono individuati o diagnosticati DOPO che una donna ha lasciato l’industria. Così lei non appare più nelle statistiche.
Questo fa parte dell’abuso dell’industria, che ti ruba anni e anni della sua vita, in cambio di soldi su cui mettono le mani altri, quelli che ci guadagnano sfruttandoti, cosa che non accade in nessun altro lavoro e che si conclude con un calcio nel culo per lei, sola, impoverita senza alcun supporto e con problemi peggiori di quando è entrata.
Le donne entrano nel mercato del sesso per soldi e il mercato le promette montagne di soldi che in realtà non gli darà mai. È buffo come il mercato del sesso perpetui proprio quella povertà da cui le donne cercano di sfuggire. Per quelle di noi che sono uscite, dobbiamo affrontare le discriminazioni. Enormi buchi nel CV, qualifiche che non valgono nulla con debiti contratti per studiare molto alti, una grossa esperienza, ma che non c’è modo di spiegare in una domanda di lavoro, paura di venir scoperte dalla famiglia, amici e potenziali datori di lavoro. Io personalmente ho avuto troppa paura di confidarmi ad un counsellor per il timore che il rapporto che avevamo costruito potesse essere distrutto con una sola frase. Dobbiamo dirlo o rimanere in silenzio? Ha lui o lei il diritto di saperlo? Se glielo dico diventerà di pubblico dominio? Finirò su un sito porno per vendetta? Useranno questo segreto ogni volta che discutiamo? Puttana! questo è lo stigma.
Lo stigma non è scomparso con la decriminalizzazione o con la legalizzazione. Esiste ed è forte adesso come lo era nei brutti giorni del proibizionismo. Io credo che il problema dello stigma non possa essere risolto con una legge. Esiste perché nessuno vuole che una bambina lo faccia. Nessuno vuole che lo faccia la propria madre. Nessuno vuole che lo faccia la sua/il suo partner. Nessuna legge cambierà mai questa risposta istintiva di fronte all’abuso. Vogliamo proteggere ‘me stesso/a e quello che è mio”.
La riduzione del danno si concentra solo sull’industria. Abbiamo bisogno invece di iniziare a concentrarci sulle persone nell’industria. A differenza della legge vorrei vedere servizi di uscita non religiosi- che non giudicano- che non colpevolizzano in tutta l’Australia e la Nuova Zelanda. Un posto dove una donna può andare e dire ‘qui è dove mi trovo’ ‘ qui è dove vorrei essere’ ‘ci sono degli sbarramenti nel mezzo’. Il servizio provvederà quindi a proporre opzioni per aiutare a rimuovere gli ostacoli.
La donna prende le sue decisioni. Nessuna decisione viene presa al suo posto e nessuna sua decisione viene discussa o giudicata, anche se la decisione è quella di ritornare nella prostituzione o di rimanerci. Questa è la mia definizione di auto-determinazione e potere decisionale. Uso donna qui come un termine comprensivo di ragazze, donne, ragazze, uomini, persone trans.
Mi sono incazzata molto durante una discussione online con una di quelle che io chiamo ‘sex-pozzies’, le ‘sacerdotesse del sesso’, le persone che difendono tutto il sesso come positivo fregandosene del contesto. Mi dicono che il vero danno è lo stigma. Mi ricordo quando una passeggiatrice stava scappando da un cliente scontento, la mise sotto facendo retromarcia, le passò sopra una seconda volta, rifece retromarcia per investirla un’altra volta e le passò sopra un’ultima volta. Mi ricordo l’ambulanza arrivare, dichiararla morta e il corpo lasciato per terra nella strada. Mi ricordo che la stampa faceva foto. Una coppia venne nel nostro collettivo NZCP. Avevano scoperto che la loro figlia era morta leggendo di una prostituta senza nome in un giornale locale. Lo stigma è IL problema? Lo stigma crea problemi, ma non è la vera violenza. Quando le ‘sacerdotesse del sesso’ dicono che si sentono minacciate dal linguaggio violento e che lo stigma è il peggio del peggio, vorrei urlare. Quella non è violenza, non ci si avvicina neanche.
Un cliente spacca la testa della propria moglie contro il muro di casa e poi si precipita fuori casa. Salta su un treno e dice ad una bambina di 11 anni che è davvero sexy nella sua uniforme scolastica. Compra sesso e spacca la testa della donna contro il muro del bordello.
La società ci dice che lui ha colpito sua moglie a causa della sua infanzia nella povertà. La società ci dice che voleva solo fare un complimento alla ragazza. La società ci dice che ha fatto del male ad una prostituta a causa dello stigma. STRONZATE.
Il diritto dell’uomo al sesso gli ha insegnato che lui possiede sua moglie.
Il diritto dell’uomo al sesso gli ha insegnato che gli spazi pubblici sono spazi maschili e le donne sono lì per essere giudicate e commentate.
Il diritto dell’uomo al sesso gli ha insegnato che il sesso, comprato, dato o preso è un suo diritto di uomo. Il problema è il diritto dell’uomo al sesso e la violenza maschile.
Il modello nordico è l’unico modello che riconosce il vero problema.