Regolamentazione prostituzione: contro il ddl Spilabotte
di Valentina S.
Per la petizione internazionale corrispondente, vedi qui; per firmarla, scrivi a resistenzafemminista@inventati.org indicando nome e affiliazione.
In un momento in cui il Parlamento Europeo ha approvato una storica e importante risoluzione che definisce la prostituzione una forma di violenza contro le donne che la società tutta deve impegnarsi a superare, in Italia – con scocertante anacronismo – ci tocca assistere invece a un grave arretramento verso gli anni ’50 col disegno di legge n. 1201 “Regolamentazione del fenomeno della prostituzione”, presentato tra gli altri dalla senatrice PD Maria Spilabotte e firmato anche da Alessandra Mussolini, molto impegnata nella sua promozione.
Esso rappresenta un grave attacco ai diritti delle donne in prostituzione, delle vittime di tratta e delle donne tutte ed è interamente incentrato – come molte delle recenti proposte provenienti ad esempio dalla Lega Nord – su un atteggiamento di doppia morale e sulla preoccupazione di “incoraggiare […] ad abbandonare la strada o ad esercitare in luoghi più sicuri e nello stesso tempo più riparati dalla vista dei cittadini”. Si adduce il falso argomento – già contestato da numerosi esperti del settore, dalle ex vittime di tratta e sopravvissute alla prostituzione – secondo il quale, in riferimento a tratta, sfruttamento e riduzione in schiavitù, “le statistiche ci dicono che la prostituzione in strada è il loro terreno di coltura privilegiato”. È ben noto, invece, che la tratta e lo sfruttamento sessuale commerciale avvengono in gran parte al chiuso, luoghi in cui le donne sono maggiormente in pericolo, perché più controllate dagli sfruttatori e con minori possibilità di uscirne.
Numerosissime sono le contraddizioni che rivelano nel testo una grande doppiezza , come il fatto che da un lato, richiamando poi l’art. 3 della Costituzione si ricorda che “la prostituzione in sé, come mercificazione del proprio corpo e della propria sessualità, e per i fattori (economici, oltre che di natura sociale, culturale e psicologica) che la determinano, costituisce una limitazione al pieno ed equilibrato sviluppo della persona”; mentre dall’altro, nell’art. 5 si parla di questa come “professione” dopo averla definita nell’art. 4 come attività che “consiste nel mettere a disposizione di terze persone e a fine di lucro il proprio corpo per il compimento di atti sessuali”. Inoltre, dopo aver affermato che la prostituzione oggi “ha assunto i caratteri della tratta e dello sfruttamento di esseri umani, le donne coinvolte sono soprattutto extracomunitarie che arrivano in Italia con l’illusione di un lavoro e si ritrovano schiave”, non ci si fa problemi a incentrare il disegno di legge – non già su una più intensa lotta al crimine organizzato transnazionale – ma sulla depenalizzazione dei locatori di immobili dove si esercita la prostituzione, senza farsi alcuna domanda su cosa ciò possa significare per la criminalità organizzata che gestisce il business, che potrebbe trovare una strada aperta per l’impunità.
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Alcuni punti di estrema gravità presenti negli 8 articoli della legge:
1) L’art. 3 denominato “Divieto di prostituzione in luogo pubblico” prevede l’individuazione di zone apposite per l’esercizio della prostituzione che, come si dice nella relazione introduttiva, “siano nello stesso tempo lontane dagli occhi di persone che non vogliono assistere al mercato del sesso, sicure per chi invece le vuole frequentare”. Sembra, insomma, che la ratio del provvedimento sia la preoccupazione per l’ipocrita salvaguardia dell’urbano “decoro”. Molto grave è che, per chi si prostituisse in luoghi espressamente vietati dalle amministrazioni comunali, si preveda una multa che va dai 1.000 ai 6.000 euro, legittimando così con una legge dello stato la pratica repressiva contro le persone in prostituzione di tanti nostrani sindaci “sceriffi”. È vergognoso pensare che in una società che si vorrebbe civile e democratica, invece di aiutare persone in gran parte ridotte in schiavitù da pericolose organizzazioni criminali transnazionali o comunque in difficoltà, ci si occupi di multarle perché hanno osato comparire vicino alle chiese o alle scuole dei cittadini “perbene”!
2) L’art. 5 denominato “Modalità di autorizzazione all’esercizio della prostituzione” stabilisce tariffe da vero “stato pappone” nei confronti di chi volesse iscriversi alla Camera di commercio per esercitare la “professione”. Risulta veramente raccapricciante leggere, nella relazione introduttiva, che “il costo semestrale dell’autorizzazione, di euro 6.000 per l’attività full-time e 3.000 per quella part-time, rappresenta un giusto costo considerando che su centocinquanta giorni lavorativi si pagherebbe una cifra di circa 20 euro al giorno che è già al disotto del prezzo medio per prestazione stabilito in almeno 30 euro.”
Si fanno insomma i conti in tasca alle persone in prostituzione e si stabilisce come tassa quasi una prestazione giornaliera da dover regalare allo stato prosseneta! Grande ritorno indietro davvero che ci fa pensare all’Italia pre-Merlin cui nella relazione si assicura di non voler tornare. Di certo ci si torna per direttissima anche con il comma 4 dello stesso articolo, in cui si stabilisce che le donne che in luogo pubblico “ammesso” per l’esercizio della prostituzione, siano trovate prive di questo salato documento saranno multate dai 500 ai 1000 euro…
Non si capisce infine chi dovrebbe garantire la competenza degli operatori delle ASL a fornire “certificati di idoneità psicologica” alla prostituzione, che attestino “la effettiva volontà personale ad esercitare la professione, in assenza di condizioni psicologiche che evidenzino stati di vulnerabilità, costrizione, debolezza”. A nulla vale il lavoro enorme effettuato dai centri antiviolenza in termini di studi e di pratiche che hanno evidenziato l’estrema complessità di chi vive sulla sua pelle la violenza di genere. Ci si lava la coscienza con una semplice presa in giro, dando fantomatiche competenze alle ASL che dovrebbero stabilire in modo manicheo se la prostituzione sia “volontaria” o “coatta”: come burocratizzare vissuti complessi, insomma, per meglio rimpinguare le casse dello Stato!
Infine, tanto per tornare a prima della legge Merlin e far rivivere i tristi “registri”, i nominativi delle persone autorizzate saranno comunicati dalle Camere di Commercio al Ministero dell’Interno, “ai fini delle verifiche da parte delle autorità competenti”.
3) Nell’art. 4 denominato “Non punibilità degli atti di prostituzione”, si depenalizza chi “utilizza una privata dimora di cui ha la legittima disponibilità, anche ospitando persone, dedite alla medesima attività, senza che intermediari conviventi traggano profitto dall’attività di altri” e “il proprietario di un immobile che legittimamente lo concede in locazione, in uso, in abitazione, in usufrutto o in comodato a persona che ivi eserciti la prostituzione, purché non siano presenti minori”. È bene osservare che nella seconda definizione potrebbe anche rientrare tranquillamente un proprietario di hotel che formalmente si limita a dare in affitto le camere a donne che esercitano la prostituzione. Peccato che i suoi profitti consisterebbero di fatto in sfruttamento della prostituzione legalizzato, dati i costi salati delle camere, come è già pane quotidiano in paesi come Svizzera e Germania, dove le tariffe per le donne sono da vera usura! La legge si propone di eliminare il reato di favoreggiamento che potrebbe danneggiare le donne in prostituzione, ma di fatto la semplice abolizione di questo reato è proprio ciò che è avvenuto in Germania nel 2002 e che – come ci informano i media tedeschi – ha causato l’esplosione di un’enorme industria del sesso gestita in larga parte dalla criminalità organizzata e basata sulla tratta, nonché l’abbattimento dei guadagni per le donne e l’aumento del loro sfruttamento con i discount a “tariffa fissa”. Perché prima di proporre provvedimenti che si vorrebbero innovativi e “progressisti” non si valuta ciò che è già avvenuto in altri paesi con gli stessi provvedimenti? Non si può dire che gli esempi non siano sotto gli occhi di tutti: una escalation nello sviluppo dell’industria lì dove viene normalizzata è la naturale conseguenza della banale legge del profitto!
Dà da pensare che le signore e signori senatori che hanno redatto questo disegno di legge non si siano presi la briga di esaminare attentamente le conseguenze che queste depenalizzazioni introdotte nell’art. 4 potrebbero avere sulle diverse forme di tratta presenti nel nostro paese. L’organizzazione della criminalità organizzata nigeriana, ad esempio, ben potrebbe riuscire a occultare le sue attività sotto apparente legalità, attraverso una cooperativa gestita da maman nigeriane, che sono spesso e volentieri cittadine italiane da anni e avrebbero tutti i titoli richiesti dall’art. 5 del disegno!
4) Introducendo il discorso dell’educazione sessuale nelle scuole di primo grado nell’art. 7 riguardante l’obbligo dell’uso del preservativo nella prostituzione, si suggerisce in modo sconcertante un’educazione alla normalità della prostituzione per le giovani generazioni, incoraggiandoli a divenire i clienti di domani, invece che un’educazione volta a scoraggiare e prevenire la domanda di prostituzione, come sarebbe fortemente auspicabile: informando i ragazzi e le ragazze sulla tratta, sulla criminalità, sulle circostanze prevalenti che conducono le donne nella prostituzione e promuovendo un’educazione alla reciprocità del desiderio e alla autentica libertà sessuale e rispetto dell’altra come essere umano.
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Per questi e numerosi altri motivi, chiediamo il ritiro di questo disegno di legge che consideriamo un grave attacco ai diritti delle donne tutte e un grande passo indietro per il nostro paese.
Chiediamo il ritiro di ogni provvedimento che contenga elementi repressivi contro le persone in prostituzione, depenalizzazioni pericolose dei gestori e veri profittatori del business e banalizzazione di un’attività in cui la violenza e i danni psicofisici sono la regola e non l’eccezione. Chiediamo che la riduzione della domanda di prostituzione, la lotta allo sfruttamento e alla tratta e la creazione di reali alternative di lavoro soprattutto per le donne migranti siano da considerarsi delle priorità assolute.
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scarica il volantino da stampare di questo articolo: vsDDLSpilabotteVOLANTINO
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2 risposte
[…] resistenza femminista: Aktiv gegen den Plan für ein Rotlichtviertel in Rom. Resistenza Femminista (www.resistenzafemminista.it) ist eine italienisches Netzwerk, das kämpft gegen: „Patriarchat, Kapitalismus und Sexindustrie“. Aktuell mobilisiert es internationale Unterstützung gegen das Gesetzesvorhaben „Spilabotte“, genannt nach der Senatorin Maria Spilabotte von der PD, partita democratica, für die Einrichtung eines Rotlichtviertels in Rom, das, abgeschirmt von der Öffentlichkeit, Frauen wie „Abfall“ behandelt und den Zuhältern, Sexkäufern und der Mafia hilft, Frauen und Mädchen, verborgen vor den Augen der honorigen BürgerInnen, sexuell auszubeuten. „Wir sagen NEIN zu dieser unsäglichen Verletzung der Menschenrechte, NEIN zur Heuchelei unserer Politiker, die ihre Rechte verteidigen, Frauenkörper zu kaufen. Wir stehen auf für die Rechte aller sexuell ausgebeuteter Frauen und Mädchen, Hilfe zum Ausstieg aus der Prostitution zu erhalten statt als 2.-Klasse-Frauen ghettoisiert zu werden, wo sie geschlagen, vergewaltigt und getötet werden können, ohne rechtliche Konsequenzen für die Zuhälter und Sexkäufer.“ […]
[…] la petición contra la propuesta de algunos parlamentarios italianos de legalizar la prostitución (http://www.resistenzafemminista.it/regolamentazione-prostituzione-contro-il-ddl-spilabotte/) delante de 11.000 mujeres: mujeres marcadas por la violencia económica en una sociedad que sigue […]