Fiona Broadfoot: “Non mi stancherò mai di lottare perché la gente capisca che la prostituzione non è un lavoro come un altro”

É stato un onore e una grande gioia incontrare Fiona Broadfoot sopravvissuta alla prostituzione e attivista di SPACE international, fondatrice del progetto “Build a girl “, un’impresa sociale guidata da sopravvissute che lavora con giovani donne a rischio o che hanno avuto esperienza di sfruttamento sessuale. Attualmente Fiona lavora con un gruppo di 500 giovani ragazze di età compresa tra i 9 e i 18 anni offrendo uno spazio sicuro dove parlare ed esprimere la propria creatività e offre un supporto individuale per ragazze che hanno subito violenza sessuale. L’incontro e la collaborazione con le sopravvissute ha significato per quelle di noi che hanno vissuto la violenza maschile in tutte le sue forme inclusa la prostituzione l’uscita dall’isolamento e dal silenzio. Donne che si prendono cura di altre donne perché solo una donna che ha vissuto l’orrore della violenza maschile e ha vinto può restituirti la dignità che ti è stata strappata. Solo un’altra donna può liberarti dalla vergogna, restituirti fiducia in te stessa, darti la forza per ricominciare. La storia personale politica di Fiona ci parla di riscatto, del suo percorso da vittima di uno sfruttatore a sopravvissuta che ispira altre donne a cambiare il mondo, a mettere fine alla misoginia. I trafficanti ci racconta Fiona cercano le loro potenziali vittime nelle comunità più povere come quella dove è cresciuta lei, sanno riconoscere la vulnerabilità delle ragazze e sfruttarla. Il lavoro di Fiona è fondamentale proprio perché lei combatte gli sfruttatori  lavorando a fianco di queste ragazza per rafforzarne l’autostima, la fiducia nella proprie capacità, il riconoscimento del proprio valore, la convinzione che la vita di una donna non sia meno importante di quella di un uomo. La guerra agli sfruttatori e all’industria del sesso si vince anche crescendo ragazze forti e femministe e che possano avere delle alternative alla povertà senza uscita, alla mancanza di formazione, alla discriminazione. L’impegno di Fiona è prezioso ed è un esempio virtuoso di quell’auto-aiuto tra donne, di quella sapienza femminista che dovrebbe essere di esempio per qualsiasi programma di prevenzione e uscita dallo sfruttamento sessuale.  La storia di molte ragazze come quella di Fiona è accomunata dal senso di auto-svalutazione della propria persona e della propria vita, l’abuso sessuale ha l’effetto di oggettificare e deumanizzare le vittime per spingerle verso l’autodistruzione: “il mio trafficante ha fatto un ottimo lavoro nel farmi sentire che non valevo niente, come anche gli uomini che mi compravano ogni giorno, il cui numero minimo era dieci.” Soltanto colpendo i responsabili della violenza ovvero chi alimenta questo mercato della misoginia, gli stupratori a pagamento, è possibile mettere fine a tutto questo.

Trascrizione italiana nel video e sotto il video. Traduzione dall’inglese di Chiara C.

“Grazie per avermi invitata a Roma per parlare di un argomento così importante.

Quando avevo quindici anni sono stata derubata della mia infanzia da un trafficante che mi ha portata dal Nord al Sud dell’Inghilterra e mi ha costretta alla prostituzione sulla strada facendomi vivere un inferno. Ho perso la mia identità da quel giorno, ho dovuto dissociarmi da me stessa da quel giorno. Tutto questo è andato avanti per undici anni prima che riuscissi ad uscire da quell’inferno. Il rischio normale del mio “lavoro” era quello di essere stuprata e picchiata giornalmente. Facevo guadagnare al mio sfruttatore duecento sterline al giorno e non dovevo mai aspettarmi di ricevere soldi per me. Lui ha fatto un ottimo lavoro nel farmi sentire che non valevo niente, come anche gli uomini che mi compravano ogni giorno, il cui numero minimo era dieci.

Quando avevo sedici anni e mezzo sono stata arrestata dalla polizia insieme al mio pappone, a lui dissero buonasera e lo chiamarono per nome mentre io fui arrestata. Mi portarono alla stazione di polizia  con l’accusa di essere “una comune prostituta” e poi mi riportarono all’indirizzo dei genitori del mio pappone trentenne. I genitori del mio pappone chiusero la porta e picchiarono. Tre settimane più tardi sono comparsa davanti al tribunale minorile da sola e per ordine del giudice sono stata rinchiusa nella sezione per ragazze del carcere perchè fossi recuperata a livello sociale. Lì loro mi hanno data una crema per i capelli, uno scrub per il corpo e mi hanno sottoposta ad una visita interna per accertarsi che non avessi malattie. Durante questa visita ho spintonato l’infermiera e per questo motivo sono stata etichettata come violenta e segregata, isolata da tutte le altre ragazze. Alla fine ho cercato di scappare dal mio sfruttatore e per questo mi ha quasi ammazzata, sono stata portata all’ospedale, nel reparto misto di salute mentale dove ho subito un tentativo di stupro da un paziente. A quel punto sono scappata anche dall’ospedale e sono tornata nella prostituzione pensando fosse una mia “scelta”. Ogni notte mi abituavo al distacco da me stessa. Sono stata sotto il controllo del mio sfruttatore per cinque anni, poi ho “lavorato” per me stessa per altri sei anni, credendo fosse meglio che lavorare in un ufficio per due sterline l’ora, mi ero convinta di questo.

Poi un giorno, mentre mi stavo preparando per andare al bordello, stavo guardando il telegiornale e hanno fatto vedere la foto di mia cugina Moory. Era stata uccisa a diciassette anni, era stata indotta a prostitutirsi quando aveva quattordici anni. Il cliente che l’aveva uccisa, il bastardo che l’aveva uccisa era appena stato rilasciato dopo l’omicidio di un’altra giovane diciannovenne prostituita, per il quale aveva scontato solamente due anni grazie all’attenuante per provocazione. Da quel giorno io non ho più potuto vendere sesso, e non mi stancherò mai di lottare perché la gente capisca che la prostituzione non è un lavoro come un altro. Che la prostituzione deumanizza le persone, le vittime. Io oggi non sono una vittima, sono una sopravvissuta, ho compiuto cinquant’anni lo scorso venerdì. Ma mi ci sono voluti decenni per accettarmi. Ho un figlio meraviglioso, e lui sa benissimo che può controllare il suo pene e sa che mai, mai, mai dovrà usarlo come un’arma. Ho incontrato moltissime difficoltà mentre cercavo di reinserirmi nel mondo del lavoro, a causa dei miei precedenti penali, si tratta di un documento di 8 pagine su entrambi i lati. A gennaio di quest’anno ho vinto la causa davanti alla Corte di giustizia britannica per ripulire la mia fedina penale, comunque questo non era il mio obiettivo, il mio obiettivo era per cancellare i precedenti penali di tutte le donne prostituite.

Ed anche se a giugno dovrò tornare in tribunale perchè lo Stato ha fatto ricorso contro la mia vittoria continuerò a combattere sempre perchè nessuna ragazza e/o donna venga più condannata come “comune prostituta”. L’altra cosa che è successa negli ultimi anni è che ho costruito il progetto “Build a girl” lavorando nel quartiere dove io stessa sono cresciuta, aiutando, sostenendo e crescendo bambine e donne forti e femministe e credetemi se vi dico che nessun uomo potrà mai fare del male a queste ragazze perchè prima dovranno vedersela con me.

Questa comunità è molto povera ed è esattamente dove i papponi vanno per cercare ragazze da sfruttare. Una di queste ragazze ora va all’università perchè vuole diventare assistente sociale, nella sua famiglia, per tre generazioni nessuno ha mai avuto un lavoro.

Voglio dedicare il resto della mia vita per lottare, per mettere fine a questo abuso sulle donne e le ragazze e qualche ragazzo, uomo e crescere ragazze femministe con la speranza di cambiare la cultura anche per gli uomini. Grazie”

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