Come depenalizzare i papponi: il mito della prostituta d’alto bordo
Di Chiara C. e Valentina S.
Il giudice Adolfo Blattmann che ha portato il caso Tarantini davanti alla Consulta scrive: “Il fenomeno sociale della prostituzione professionale delle escort costituisce la novità che richiede un nuovo vaglio di costituzionalità della legge Merlin”. Eppure la cosiddetta “prostituzione di alto bordo” non è certo un fenomeno degli ultimi decenni, ma strutturale alla prostituzione stessa che nei secoli si è sempre articolata in diversi segmenti, rivolti a diverse fasce sociali di “clienti”.
Questa divisione, più spesso di quanto non si pensi, è fumo negli occhi, puro marketing degli sfruttatori che gestiscono l’industria del sesso. Come ci racconta Rachel Moran, sopravvissuta alla prostituzione fondatrice di SPACE international, associazione internazionale di donne fuoriuscite dall’industria del sesso, quello della escort o prostituta d’alto bordo è un mito creato e diffuso dall’industria stessa allo scopo di occultare i propri traffici illeciti che comprendono tratta e sfruttamento; le agenzie di escort infatti sono gestite dagli stessi sfruttatori che gestiscono o hanno gestito anche bordelli o centri massaggi. Rachel ha avuto esperienza diretta di tutti i settori della prostituzione da quando aveva 15 anni: da quella di strada, a quella nel bordello fino ad arrivare all’escorting in hotel di lusso. Ma come ci spiega Rachel, che negli anni ’90 è passata da essere sfruttata in un bordello ad essere sfruttata da un’agenzia di escort (le due note madame irlandesi che la sfruttavano avevano semplicemente cambiato nome e ‘look’ ai loro affari), non esistono “trattamenti speciali” nella prostituzione e anzi le peggiori esperienze che ha avuto nella prostituzione sono state proprio quelle in alberghi a cinque stelle.[1] Come ci rivela Rachel, “se vogliamo misurare il grado di libertà nella scelta di poter disporre del proprio corpo le agenzie di escort sono il luogo dove troviamo il livello minimo”.[2] In strada una donna ha la possibilità di dire no ad un uomo che percepisce come pericoloso; quando l’agenzia di escort invece ti impone dei clienti non scelti, non hai la possibilità di rifiutarti ed esercitando in una camera di hotel i clienti pretendono più pratiche allo stesso prezzo, ma con un dispendio maggiore di tempo. La violenza degli stupri a pagamento resta la stessa in quanto “l’essenza della prostituzione non cambia al cambiare della cornice”.
Un’altra sopravvissuta di SPACE, Tanja Rahm, che è stata escort in Danimarca, racconta una storia analoga di abusi e ogni genere di violenza da parte dei clienti che: “Si sentono legittimati a disprezzare e umiliare le donne che hanno pagato per soddisfare i loro bisogni sessuali. In diversi modi, fanno violenza fisicamente, psicologicamente, sessualmente, economicamente, materialmente”. Tanja racconta di aver sviluppato depressione e dipendenza da cocaina per sopportare gli abusi; nonostante Tanja si presentasse come escort libera e indipendente in realtà era arrivata alla prostituzione da un passato di abusi sessuali subiti quando era una bambina. Perché il mercato del sesso trova in persone abusate le prede perfette da reclutare e sfruttare facendole passare per “libere” ed “autodeterminate”.
In realtà, se qualcosa è cambiato in questi anni che ci dividono dalla legge Merlin sono le tecniche delle mafie globalizzate della tratta di esseri umani, sempre più sofisticate, che oggi adoperano più la persuasione e il ricatto psicologico che la violenza bruta per reclutare e dominare le giovani vittime. E che sono oggi in grado – come ci conferma la grande giornalista di inchiesta Lydia Cacho – di cavalcare persino l’onda del dibattito liberale sulla “libertà di scelta” e sponsorizzare tra le giovani e nella società la normalizzazione e glamourizzazione della prostituzione e l’ipersessualizzazione precoce di bambine e ragazze.[3] Chiunque si occupi di tratta sa bene quanto le donne e ragazze siano spaventate e che, se interrogate, giurano di aver scelto la prostituzione liberamente, ma in realtà sono private dei documenti e di ogni possibilità diversa di sopravvivenza per loro stesse e le loro famiglie e sotto minaccia. Vogliamo davvero che anche i loro sfruttatori siano depenalizzati? Vogliamo che lo stato protegga invece di colpire le reti criminali mentre migliaia di donne continuano a morire o a soffrire dei danni a lungo termine della prostituzione (depressione fino al suicidio, dipendenza da droghe e alcool, sindrome da stress post-traumatico cronica, ecc.)?
I disastri della regolamentazione sono noti a seguito di studi di accademici, psicologi/ghe esperti/e del trauma, NGOs nazionali ed internazionali impegnate contro la tratta e testimonianze di sopravvissute all’industria del sesso. Alcuni importanti studi hanno messo in evidenza come la tratta aumenti in caso di regolamentazione, mentre in Svezia dove dal 1999 è stato adottato il cosiddetto modello nordico (nel quale viene colpita la domanda di sesso a pagamento, ma non le donne prostituite) la tratta e la prostituzione in generale hanno subito una contrazione.[4]
Nei paesi regolamentaristi, come spiega il criminologo esperto di prostituzione Roger Matthews dell’Università del Kent, che ha studiato a lungo i vari modelli legislativi, il primo effetto dell’eliminazione del reato di favoreggiamento è un’espansione massiccia del mercato che sfugge a qualsiasi controllo da parte della polizia in quanto qualsiasi sfruttatore o trafficante può aprire un bordello senza commettere alcun reato. La tratta diventa così invisibile. Questa espansione riguarda non solo il settore legale ma anche e sopratutto quello illegale in quanto molte ragazze e donne scelgono il settore illegale per sfuggire alle registrazioni e ai controlli che esistono nel regime regolamentato. Questo significa nelle parole di Rogers che la criminalità internazionale si sposterà nei paesi dove può agire incontrastata. La Svezia è diventata un paese da boicottare come dimostrano intercettazioni di trafficanti effettuate dalla polizia svedese.[5] Uno studio di Melissa Farley dove sono state intervistate 45 donne che lavoravano nei bordelli legali del Nevada ha messo in evidenza come queste donne si sentissero ancora più esposte alla violenza, hanno definito la prostituzione in regime regolamentato “stupro legale” e hanno sottolineato come nessuna legge possa mai eliminare lo stigma dalle donne prostituite.[6] Allo stesso modo in Nuova Zelanda la commissione istituita dal Governo per controllare gli effetti della legge sulla prostituzione, la Prostitution Reform Act, ha rivelato come la maggioranza delle donne prostituite intervistate affermassero che la depenalizzazione totale dell’industria (eliminazione del reato di favoreggiamento) non aveva portato ad una diminuzione della violenza che erano costrette a subire e che lo stigma nei loro confronti era rimasto immutato. Inoltre nei bordelli nonostante la nuova legge si continuava a sfruttare le donne prostituite con la garanzia dell’impunibilità.
L’obiettivo della Merlin era quello di proteggere l’autoderminazione delle donne, per questo non dovevano in nessun caso essere penalizzate, ma andava a colpire tutti coloro che lucravano sui loro corpi e quindi anche i favoreggiatori come Tarantini e tutti i papponi che adesso qualcuno vorrebbe trasformare in “manager”, rispettabili imprenditori, sulla pelle delle donne e delle bambine presenti e future. La legge Merlin non si tocca! #IosonoLinaMerlin
[1] Rachel Moran, Stupro a pagamento, traduzione di Resistenza Femminista, Round Robin Editrice, 2017, p.127.
[2] Ivi, p.138.
[3] Lydia Cacho, Schiave del potere, 2012.
[4] Si vedano:
– Niklas Jakobsson, Andreas Kotsadam, The Law and Economics of International Sex Slavery: Prostitution Laws and Trafficking for Sexual Exploitation, 2013;
– National Legislation on Prostitution and the Trafficking in Women and Children, Parlement Europeen, 2005;
– Seo-Young Cho, Axel Dreher, Eric Neumayer, Does Legalized Prostitution Increase Human Trafficking?, 2012.
[5] Simon Haggstrom, Shadow’s Law: The True Story of a Swedish Detective Inspector Fighting Prostitution, 2016.
[6] Melissa Farley, Prostitution in Nevada: Making the Connections, 2007.